Gli Architorti, affermato ed autorevole quintetto d'archi assolutamente classico, anche se dotato di un repertorio piuttosto trasversale, dopo avere ottenuto le attenzioni della stampa 'rock' nazionale (e puntualmente anche quelle di Rockit, rimediando tra l'altro recensioni entusiastiche...) per le collaborazioni live con il "techno cowboy" Madaski (tour "Madaski vs. Architorti" nella primavera del 2000) e per l'osannata versione di "Politics" nel recente "Vibra" degli Africa Unite, sono finalmente giunti alla pubblicazione del loro album d'esordio.
Nei quasi tre quarti d'ora del cd si assiste ad un'incredibile cavalcata 'attraverso' la musica, nella quale vengono accostate trascrizioni per archi di brani assolutamente eterogenei: il viaggio "nel tempo e nello spazio su suoni e musiche create da uomini così diversi per cultura, epoca e temperamento" si snoda con straordinaria ed imprevedibile coerenza tra il celeberrimo valzer di Strauss, l'ars nova del prerinascimento fiorentino di Landini, il melodramma barocco di Monteverdi, i virtuosismi per piano del romantico Liszt, i canti della tradizione ebraica, le raffinatezze dell'indiscusso maestro del tango Piazzolla, un pajo di pezzi del nostro (...) Battisti, fino ad arrivare ai già citati Africa Unite e Madaski.
Il tutto con una naturalezza impressionante, ajutata dalle trascrizioni 'asciutte', rispettose e prive di autocompiacimento, nel trovare senza forzatura alcuna punti di contatto tra esperienze così differenziate, elaborando un risultato unitario, lucida testimonianza dell'esistenza di legami innegabili anche se probabilmemente difficili da pronosticare: violini, viola, violoncello e contrabbasso si arrampicano agili gli uni sugli altri, alternativamente delicati o incalzanti, rendendo bellissima "Ancora tu" (e sono il primo a sorprendermi mentre scrivo una cosa del genere!), riscattando, con un coro di bambini dopo una esplicita intro parlata, "Gam Gam" (canto ebraico da un frammento del Salmo 23 della Bibbia, di cui si ricorda indelebilmente una discussa e puntualmente irrispettosa versione dance), accompagnando la rinconoscibile voce di Bunna sulle note di "U man right", e, chiudendo il cerchio in maniera ideologicamente perentoria, andando a sciogliere l'una nell'altra le relativamente recentissime tracce di Madaski (da "Da shit is serious", 1998) e quelle scritte nel XVI secolo, tra medioevo e rinascimento, da Dufay.
Ci si può sorprendere per il fascino di "Believe it", "De pressure" o "Argon" quando, a partire dall'elettronica 'pesante' degli originali, sarebbe stato difficile anche solo ipotizzare una versione come quella ascoltata; si può rimpiangere una maggiore conoscenza degli altisonanti nomi provenienti dai secoli scorsi, supponendo che anche nel loro caso la migliore fruizione del lavoro fatto da Marco Robino e soci sia data dalla possibilità di fare un confronto; si può, in un eccesso ottimistico, sperare che in qualcuno (vale in tutte le molteplici direzioni possibili, beninteso!) si accenda la scintilla della curiosità per gli autori sconosciuti tra quelli proposti; o, semplicemente, si può ascoltare di nuovo l'album del quintetto Architorti, coprirli per l'ennesima volta di complimenti per il coraggio dimostrato ed il risultato ottenuto, e magari anche ammirare la larghezza di vedute della Claudiana Editrice (di libri, non di dischi!) e di Radio Beckwith che hanno prodotto il cd.
"Il problema di fondo è la realizzazione di un prodotto funzionale, didascalico e diretto, capace di comunicare valori e sentimenti universali ad un pubblico eterogeneo": la dichiarazione d'intenti degli Architorti, a priori, poteva apparire tanto precisa quanto pretenziosa. La musica che ne è uscita, però, lascia davvero poco spazio alle critiche: missione compiuta.
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La recensione Architorti di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-04-23 00:00:00
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