Potrebbe sembrare facile e scontato liquidare l'esperienza dei Poison Deluxe come un possibile incrocio tra il sound dei Doors ("P. Skunk" è un blues che avrebbe scritto Manzarek nei frangenti di cazzeggio...) e le strutture armoniche tipiche di quasi tutte le creature intestate a Josh Homme. Non che si cada del tutto in errore, anzi, ma sorprende come il terzetto abbia deciso di intraprendere un percorso che definire "originale" sarebbe azzardato, ma il risultato finale di certo stupisce per il tentativo, in parte riuscito, di miscelare egregiamente svariate sonorità sotto un unico comun denominatore.
Ad esempio, oltre al biondo omaccione a cui sopra accennavamo, in "The dead tree blues" avrebbe potuto fare tranquillamente la sua capatina quel geniaccio di Jack White, viste che le tante declinazioni sulla materia blues vengono trattate ispirandosi anche ai canoni del poliedrico chitarrista. Referenze di un certo calibro, quindi, per un progetto che é ai primi, non certo timidi, vagiti. In tutto ciò piace soprattutto il gusto di Max Ear (che ritrova qui il vecchio compagno degli Ojm, Frank Puglie, alla chitarra) a reimpostare il suo boogie fuori dagli schemi della ditta principale. Ed é esattamente ciò che ti aspetti da un side-project, ovvero massima libertà nello sviluppo della forma canzone (prova ne è una traccia che si intitola non casualmente "A free demostration"); per cui, oltre ai nomi sopracitati, in un album del genere avrebbe dato un fondamentale contributo anche il Beck degli esordi: brani come "When I'm down he comes down", "Vortex blues", "Old memories e "Ocioidei" ricordano proprio gli esperimenti del sig. Hansen almeno fino a "Mellow gold".
Ciò denota senza un dubbio una tendenza a sperimentare liberamente, ma é dall'altra parte è vero che al gruppo manca ancora un carattere identitario e, a volte, il dono della sintesi al posto di quella (spiccata) propensione a dilungarsi; ciò non toglie che il progetto abbia un suo significato, quantomeno per il coraggio di suonare fuori dagli schemi tipici di questi anni. I rimandi ad altre esperienze, come avrete letto, sono svariati, ma forse sta proprio in questo la ricchezza della proposta; si tratterà solo di trovare in futuro una sintesi che caratterizzi in manierà più personale i passi a venire.
---
La recensione The Dead Tree Blues di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-12-16 00:00:00
COMMENTI