La soluzione non esiste, esiste la non-soluzione, la dissoluzione. Dopo aver scandagliato centimetro dopo centimetro gli angoli remoti di un'Italia che lo accoglie ormai come un Redentore che esorcizzi i cattivi sentimenti, capace di liberazioni, di cure possibili per chi è sperduto in una terra incancrenita, fra psicosi emozionali e sabotaggi dell'esistenza, Paolo Benvegnù fissa su nastro un percorso lungo 150 tappe e nella capitale romana si circonda di buona musica e amici e tira le fila: questo è "Dissolution". Un romanzo musicale di formazione, fatto di amori violenti e scrittura emotiva precaria, che racconta minuziosamente per immagini che si susseguono ma soprattutto suoni da consumare lentamente l'unica forma di vissuto possibile per un cantautore che entra in punta di piedi e ti divora lo stomaco: l'elettricità della performance live. Sedici capitoli musicali che restituiscono con precisione la sensazione del tempo che passa, di un passato vivo piegato ad un lessico gentile, già a buon diritto tra le pagine di più pura e perfetta bellezza che potrà regalarci questo 2010.
Atmosfera densissima ed urgenza espressiva permeano dal primo all'ultimo vagito un album che non si limita a raccogliere le note a piè di pagina di quello che è stato, ma riveste di doti di sorpresa, originalità dell'assunto poetico, peculiarità della formula sonora scelta, un canzoniere live che catalizza attenzione, curiosità, rispetto. L'intenzione è antiaccademica e incendiaria: sia rispetto alle forme ormai codificate del linguaggio sensibilista che gli è proprio, che rispetto agli stilemi autorali che gli sono stati attribuiti nel tempo. I tempi acustici e quelli elettrici danno nuovi spazi a una creatività florida e all'incedere di una pienezza vocale capace in una lunga parentesi musicale, sempre complessa e mai adeguatamente rivelata al mondo che gli spetterebbe, di inarrivata altissima spiritualità dolorosamente inquadrata nell'istante in cui la ferita gronda sangue, seguendo lo stesso nobile imperativo di arrivare al sentimento delle cose, nonchè la medesima stentorea scarnificazione che dal "Ringrazio Dio che mi ha fatto troppo poco intelligente" degli Scisma arriva fino alla necessità di "abbandonarsi per ricominciare a costruire" de "Le Labbra". Paolo Benvegnù lascia che le cose seguano il loro corso, riarrangia con variazioni melodiche, ventate di archi e fiati, quieti e chitarre lanciate sullo sfondo che non inficiano la marzialità di brani da repertorio, una manciata di canzoni la cui ragione di fascinazione va però ancora ben oltre. Perchè sono lo spessore dell'ispirazione, la passionale e talora disperata apertura al mondo, il tono luminoso e selvaggio, il procedere per impulsi, l'onestà sconvolgente a dare a quest'opera la profondità e il rigore che le spetta. Il piano di Manuel Agnelli illumina le sculture jazz di "Rosemary Plexiglas", arrivano code funk, collage intrisi di citazioni, dinamiti per saltare via le indecisioni, impalcature elettroacustiche che fanno risaltare le ossa nude delle canzoni con risultati spesso sublimi: "Quando passa lei". Omaggia Leonard Cohen, riveste a nuovo il suo Paese Reale in "Io e il mio amore", dà garbo e intelligenza al resto e tutto si trasforma. E capita così ciò che mi aspettavo, ovvero che brilla chiaro sotto il sole il fatto puro e semplice che Paolo Benvegnù sia oggi un autore da assalto al cuore, da riconoscere una volta per tutte e preservare con cura e che al di là delle fascinazioni -che nel suo caso non sono mai state uno stratagemma ma semmai un misto tra urgenza emotiva e precisa intenzione di mescolare le carte della musica con cui uno cresce- "Dissolution" dia compiutezza e chiosa finale ad un'educazione sentimentale che si chiude in attesa del nuovo giorno che verrà.
Basterebbe questo a chiarire quale sia oggi la necessità per lo chansonnier di Prato di pubblicare un album live che non celebri una reunion, un omaggio spudorato, la leggenda di quello che è stato, ma si limiti invece a dare splendore e bellezza a quello che è, aspettando speriamo nel più breve tempo possibile che questa attestazione di fiducia si tramuti in certezza inespugnabile.
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La recensione Dissolution di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-09-08 00:00:00
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