Ha senso, oggi, riproporre musica rock progressive, oltretutto in un panorama nazionale tanto isterico e poco disposto all’ascolto attento e meditato quanto pervaso dal musical fast food a uso e consumo di ascoltatori dai gusti poco affinati e fin troppo influenzabili? Decisamente no, se si punta al successo, anche limitato, e alla spendibilità del prodotto. Probabilmente sì, se si tratta di un atto d’amore verso questo genere così impegnativo e culturalmente circoscritto. Certamente sì, se, come in questo caso, si realizza un disco che, pur senza aggiungere nulla di nuovo alla storia ormai già scritta del progressive, raggiunge livelli di credibilità e di intensità sicuramente rispettabili.
Le Distillerie di Malto (l’articolo è volutamente concordato con il sostantivo, come è uso nella tradizione progressive…), nel proporre “Il manuale dei piccoli discorsi”, riportano tra le loro influenze praticamente tutti i gruppi di rock progressivo più importanti, sia stranieri che italiani (e questi ultimi nulla avevano da invidiare ai colleghi d’oltremanica), quasi a volersi sdebitare e a voler giustificare il fatto che ciò che si andrà ad ascoltare ricade in precisi e già sperimentati stilemi. Eppure, se è chiaro che i loro ottimi ascolti comprendono, appunto, tutti i maestri e che la lezione di Genesis e, in misura minore, King Crimson è quella che ha probabilmente lasciato il segno più profondo, le coordinate di riferimento desunte dall’ascolto del disco portano, soprattutto, al nostrano Banco del Mutuo Soccorso, non solo per sonorità e arrangiamenti, ma anche per un particolare atteggiamento nella scrittura dei testi: si veda, a proposito di quest’ultimo aspetto, la storia ipotetica raccontata in “5/5/1555”, con l’ambientazione in una corte rinascimentale della sempiterna lotta tra ragioni del cuore ed esigenze, a volte crude, della realpolitik.
Buona la registrazione, buoni i suoni e gli arrangiamenti, buona l’esecuzione, pur senza arrivare alle irraggiungibili vette virtuosistiche dei mostri sacri del genere: le Distillerie di Malto non vanno mai sopra le righe e riescono nel difficile compito di tenere la tecnica strumentistica al servizio dell’espressione di un’idea. Tra ritmiche dispari, cambi di tempo, cavalcate dalla robusta impostazione rock, momenti acustici e riflessivi caratterizzati spesso dall’uso dei flauti, e lunghe parti solo strumentali, le cinque tracce, tutte valide, de “Il manuale dei piccoli discorsi” scorrono riuscendo in più di un’occasione a creare una credibile macchina del tempo che riporta ai primissimi Settanta: come accade, ad esempio, negli ultimi minuti della lunga suite “Aria e vento”, con un emozionante botta e risposta contrappuntistico di tastiere e chitarra che regge tranquillamente il confronto con alcune delle pagine migliori del progressive.
Una buona prova, riuscita sotto vari punti di vista, che forse risulterà anacronistica per alcuni, ma che è da considerarsi sicuramente coraggiosa e degna di attenzione.
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La recensione Il manuale dei piccoli discorsi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-09-25 00:00:00
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