Una migliore registrazione e qualche stonatura in meno renderebbero giustizia maggiore alla vena compositiva della band
Non chiedetevi perché Mary sia rimasta vedova. Lasciatevi invece condurre nei meandri della sua tenera tristezza che prende vita attraverso i quattro brani di quest’album. In “Italian Democracy” la convinzione che Chris Cornell continui a fare vittime nel Belpaese si fa alquanto forte, il pezzo tuttavia convince.
In “Totally I don’t care” tutto sembra dire Kooks, tranne la voce, che stavolta si perde un po’ nell’incertezza dell’interpretazione, ma le idee ancora una volta non sono male. Le buone qualità della vedova le trovi negli arrangiamenti, belle rielaborazioni di quelle che sono le influenze dei membri della band, dal grunge all'alternative rock in salsa indie. A maggior ragione, una migliore registrazione e qualche stonatura in meno renderebbero giustizia maggiore alla vena compositiva della band.
“Paindrop” si avvolge su se stessa, è la peggiore del lotto, si riprendono degnamente con la strumentale “Cosmic overtones” (piacerà agli amanti del post rock che incontra il blues e la psichedelia), che è il classico congedo che fa scattare gli applausi (anche se d'incoraggiamento, meritati).
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La recensione Don't ask you why di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-05-07 00:00:00
COMMENTI (1)
Mino (voce e chitarra): avrei da ridire sul concetto di stonatura ma facciamo tesoro di quanto scritto che comunque un po' ci... incoraggia.