Se io fossi un critico bisognoso di sfogare la mia frustrazione insultando un gruppo emergente di modesto valore avrei trovato nei G.M.I. il mio obiettivo ideale e potrei proseguire la recensione con i più volgari improperi. Ma sarebbe troppo facile e soprattutto non sortirebbe nessun effetto se non qualche lettera di protesta da parte degli interessati. Preferisco quindi cercare di capire quali sono i limiti di questo gruppo in modo che l’analisi possa essere utile per loro e per tutti quelli che si trovano nella stessa situazione.
Dunque, cosa c’è che non va? Tutto sommato il genere, un rock melodico che guarda ai Procol Harum e ai Moody Blues può piacere o meno: è questione di gusti. E non sarò certo io, che mi sono sempre battuto contro i tecnicismi, a rimproverare le imperfezioni della registrazione che anzi, a parte qualche stonatura di voce o qualche chitarra gracchiante è fin troppo pulita. Il vero problema è che la musica è troppo scontata e gli stacchi, le intonazioni, i fraseggi sono tutti prevedibili dall’inizio di ogni canzone. Stessa cosa dicasi del modo di suonare che non fa altro che ricalcare strutture abusate. A titolo di esempio il brano migliore e quello peggiore sono rispettivamente “Repent walpurgis” nel quale le tastiere alzano di molto le ambizioni della musica, seppur all’ombra dei Pink Floyd; e “Incudine e martello” che francamente mostra una immaturità compositiva senza scusanti.
Soluzioni? Aprire gli orizzonti, ascoltare molta musica diversa, confrontarsi con altre band, fare concerti fuori dalla propria zona, leggere giornali o libri di musica, arricchirsi di idee e cercare di proporne di nuove. Avete riempito la vostra biografia di influenze e allora prendete i dischi di tutta quella gente e ascoltateli attentamente. Poi ascoltate il vostro e valutate la differenza. Ma se l’obiettivo è quello di avere la stima del vostro vicino di casa, ritiro tutto: continuate pure così che andate forte.
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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-01-29 00:00:00
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