Ci sono giornate in cui la luce del sole è così perfetta da rendere piacevoli anche gli sguardi delle persone che non sopportate. Un alba candida e silenziosa può dilatare un istante e renderlo perfetto e dolce quanto il gusto del gelato. Dimenticatevi tutto questo, l'inverno è sempre molto più lungo dell'estate e, per quanto il caldo possa essere soffocante e insopportabile, il freddo ha una forza immobilizzante che può rubarvi il fiato.
"The Shipwreck" è un album di un colore che dal nero può virare al massimo verso il grigio scuro, una conversazione che si affaccia sulle rapide più scivolose della propria mente, un'ombra scura da cui non ci si può liberare nemmeno se si spegne la luce. Come ascoltare la colonna sonora delle emozioni più tetre, le parole descrivono attimi di smarrimento, i cui riferimenti possono essere tanto personali quanto astratti. La voce graffia i timpani e li fa sanguinare, come una distorsione che aumenta il grido della sei corde. L'aria è impregnata da suoni spigolosi, che diventano muri alti e robusti. L'atmosfera che avvolge questi pensieri è qualcosa di freddo e bagnato, un'occhiata all'orizzonte che non rassicura e spinge a guardarsi dentro, per affrontare se stessi e le proprie ansie.
Dalle casse esce un suono in perenne crescendo, che esplode spargendo sangue qua e là, anche se a volte l'apice è un martello pneumatico che vibra troppo a lungo. Ma non si tratta di rumore e basta, tutto è calcolato al millimetro e in mezzo a questo fiume di distorsioni c'è spazio anche per uno strumentale più tenue che fa venire la pelle d'oca, sicuramente l'episodio migliore di tutto il disco.
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La recensione The Shipwreck di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-09-26 00:00:00
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