Un suono scarno e spesso lo-fi che guarda al rock indipendente americano, una copertina essenziale in bianco e nero (pochissimo il nero), quattro canzoni per una manciata di minuti. Gli Uber fanno della concisione la propria filosofia e lo fanno nel modo più onesto e convincente possibile. I gruppi ai quali si ispirano sono ancora ben evidenti nelle loro canzoni: i Blonde Redhead in “That’s Great”, i Sonic Youth di “Dirty” in “Ricciarelli”, gli Old Time Relijun in “Cangour Eats Paul”, i June of 44 in “Frankie’s Trumpet”. Si tratta di sonorità che col passare degli anni mostrano sempre più la corda, ma non se eseguite con la giusta convinzione. E il caso degli Uber ne è un esempio.
Come lavoro di apprendistato non c’è male; si attendono ulteriori sviluppi.
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La recensione Less is more di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-02-24 00:00:00
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