Blues sporco e arido, ma non solo. Quando entrano le melodie il gioco si fa molto più interessante. Da seguire
Inizia il disco e i primi tre pezzi sono drittissimi. Blues sporco e grezzo, atmosfere aride, parole appuntite. È come se ci si trovasse di fronte a una versione ibrida di Bachi Da Pietra e Samuel Katarro. In realtà, sotto c'è un notevole substrato di elettricità malata, chitarra e batteria, e qualche rara incursione di synth. In questo caso prendono a prestito la formula e l'attitudine, assai ben rodate, di gente come Jon Spencer Blues Explosion e dei nostrani Bud. Sempre con quel sorriso beffardo di chi, pur con le pezze al culo, riesce a riderti in faccia. E, a dir la verità, in queste vesti non convincono molto. I testi soprattutto, navigano a metà tra l'accostamento scontato ("brucerò i tuoi occhi ora che sono diventato fuoco") e immagini che a fatica riescono a colpire e a farsi capire ("cani fedifraghi hanno piume di struzzo" o, ancora "la spiaggia è scura di polvere da sparo"). Poi, d'un tratto, è come se volontariamente decidessero di scompigliare le carte in tavola. Da "Meglio rinunciare" in poi cambiano colore, e dalla sabbia di prima, dalla gola secca e dagli urli a denti stretti, è come diventassero improvvisamente più riflessivi, tirino più a lungo il fiato, calibrino meglio gli affondi e i momenti di calma apparente: "Black Jesus" e "Persi" soprattutto, credo siano i pezzi più esplicativi. Sarà perchè introducono un piano che per suono ricorda quello di Tom Waits, sarà perchè i testi adesso diventano più lineari e curati, ispirati da queste nuove atmosfere. Ed è con questa nuova veste proto-pop che i Rashomon guadagnano gli onori della partita. Ci sanno fare, questo è indubbio, hanno melodie sporche e originali, i pezzi convincono di più quando avanzano con questo carattere obliquo e la voce è bastarda al punto giusto. La chitarra anche, quando si prende la liberta di fraseggiare in maniera noise ("Denti stretti") diventa cattiva e lancinante. È un debutto, e se imparano a gestirsi meglio lungo tutta la durata di un disco, credo possano riservarci ottime sorprese. Teniamoli d'occhio.
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La recensione Andrà tutto bene di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-01-05 00:00:00
COMMENTI (3)
La recensione fotografa perfettamente l'andamento del disco... avessero fatto un ep con brani scelti avrebbero fatto un figurone secondo me.
niente male ma.... un basso o qualche altra cosina per colorare il tutto non guasterebbe, dal vivo e' un problema seguirvi per piu' di mezza ora..... 6
Se ricorda quello di Tom Waits vuol dire che anche loro hanno il pianoforte sbronzo?