Un album che spazia fra le basse frequenze con stile e attitudine, un suono ruvido e poco italiano. Ma che aspettiamo a esportare gli LNRipley?
Quando Samuele Bersani diceva di voler esportare la piadina romagnola, non ci aveva creduto nessuno. Perché decontestualizzata dal suo habitat naturale, perde di sapore e di significato. Puoi dire quello che vuoi, ma la piadina va mangiata sulla riviera romagnola, se no non ha molto senso. Sì ok, tentativi di sdoganamento a livello internazionale della piada ce ne sono stati e ce ne saranno ancora, ma è impensabile supporre che possa raggiungere il livello di globalizzazione della pizza. Che poi è un po' lo stesso discorso del burro di arachidi. Non lo importiamo perché va bene per le famiglie americane che non conoscono le gioie di una piadina con lo squacquerone. E, se fossimo statunitensi, vedremmo la questione in maniera speculare. Insomma, ci sono aspetti tradizionali che non si possono sradicare dalla terra di origine, non c'è niente da fare.
Ma detto questo, perché cazzo non esportiamo gli LNRipley, invece? Il loro è sì un suono globale, che suona bene a Torino come a Piobbico o Brixton. Più maturo rispetto agli episodi precedenti, “Bluroom Box 1” proietta Mc Victor e soci in una dimensione più consapevole e solida. E allora, mentre Chase & Status sono ormai i dominatori dei festival di mezzo mondo, con dei live che ti prendono a sberle dalla prima all'ultima nota, non si capisce perché gli LNRipley non si trovino sugli stessi palchi, dato che il loro sound è assolutamente pronto a essere sdoganato in maniera definitiva. La drum and bass lascia spazio al bluestep di “Morning Blues”, alla dancehall a basse frequenze di “Out of Mind” o al popstep di “When the Day Is Done”, per poi tornare in “A Creeper's Dinner” e “Duel”.
Meno punk e più studiato rispetto al passato, l'ultimo lavoro dei Ripley ricorda con le dovute proporzioni le gesta dei già citati Chase & Status o – guardando un po' più indietro – dei Prodigy. È un album di musica a basse frequenze, realizzato con lo spirito di una band, godibile anche al di fuori dell'ambiente prettamente clubbing, con bassi che rimbalzano senza esploderti in testa e suoni aggressivi ma stilosi. Rimangono le atmosfere cupe e oscure, ma dietro c'è una grande consapevolezza, quella di maneggiare i suoni del momento non limitandosi a seguire l'onda ma portando avanti un progetto solido e duraturo, che affonda le sue radici in tempi non sospetti, quando Skrillex si chiamava ancora Sonny Moore e suonava la chitarra. Ed è forse per via della loro coerenza e della mancanza di una immagine super fresh imitabile dalle ragazzine che non riusciamo a esportarli.
Ma la speranza rimane. Chissà, magari l'estate 2013 la passeremo su una spiaggia di Miami, seduti a un chiosco che vende piadine romagnole e passa i pezzi di LNRipley.
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La recensione Bluroom Box 1 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-04-26 00:00:00
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