Elementari, non c’è dubbio; però ad effetto e funzionali. Devo ammettere che al primo ascolto avrei volentieri fatto a meno di reinserire il dischetto nel lettore; poi però, favorendo i repeat, è venuta fuori quella verve particolare che mi ha trattenuto dal cestinamento (mi si passi!) e che, probabilmente, è il segreto della band - anche se i cambi e le variazioni fra tutti e quattro i pezzi del mini-cd sono pressoché inesistenti (insomma, l’effetto tipo ‘la stessa canzone lunga venti minuti!’).
Ad ogni modo, questi ragazzotti mettono insieme melodie di stampo Timoria/Negrita, chitarre fedeli alla scuola Deep Purple e poi, paradossalmente, sembrano l’Equipe ’84 - con tutto l’enorme rispetto per la compagine di Vandelli le cui sonorità, per quanto fantastiche, non si addicono a mio avviso ad un gruppo emergente il cui obiettivo dovrebbe invece essere quello di farsi distinguere sostanzialmente per l’originalità delle composizioni. Misteri della musica!
Originalità zero a parte, il pezzo migliore è “Io sono qui”, che apre il disco, con quella batteria un po’ sempliciotta e quelle chitarrine stuzzicanti. Però il problema persiste: variare, variare e ancora variare. Non è possibile che mi si presenti alle orecchie una demo pressoché identica in tutte le sue componenti. A costo di essere ripetitivo, ribadisco il solito concetto: nei dischi che arrivano, raramente il problema è costituito dalla tecnica, ma dall’originalità, che perde il duello contro lo standard, contro le sonorità, magari azzeccate, ma prodotte a ritmo industriale che ad essa vengono preferite.
Tuttavia questi Germi non vanno male, arrivano e i quattro pezzi passano veloci, anche se poi non si riesce, alla resa dei conti, neanche a distinguerne l’inizio dalla fine (!).
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La recensione Vuoto a perdere (ep) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-06-14 00:00:00
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