The TunasS/t2012 - Rock'n'roll

Disco della settimanaS/tprecedenteprecedente

Un disco col quale si candidano di diritto a rappresentare l'Italia in un'ipotetica nuova compilation del nuovo secolo della serie "Nuggets".

Vi dirò: The Tunas me li ricordavo molto più ruvidi, con alcune sfumature hard decisamente più accentuate all'epoca dell'esordio, quando "We Cut Our Fingers In July" rappresentò una graditissima sorpresa e, com'era giusto, il collega Mario Panzeri ne parlò usando termini lusinghieri.

A distanza di 4 anni The Tunas si rifanno sotto con la carica di sempre, ma cambiano leggermente rotta: sempre e comunque affascinati dal rock'n'roll, provano a flirtare più di prima con il lato sixties del loro sound senza alcun freno inibitore. E non sarà facile, al primissimo ascolto, rimanerne subito affascinati; anzi sarà più facile trovarsi spiazzati, convinti - come successo al sottoscritto - di ritrovare soprattutto le sonorità garage degli inizi. Non che la band abbia rinnegato quell'attitudine, ma a sentire ad esempio l'accoppiata "15th of July"/"Revolution winter" la sensazione iniziale è straniante.

Quando invece rimetterete idealmente la puntina sui solchi, con più calma e meno foga, questo lp si svelerà completamente per quello che è: un fottutissimo album di r'n'r, che va a pescare suoni e ispirazione (se ne ciba, oltre all'accoppiata di cui sopra, anche "I've been young") in quei due ‘must-to-have’ intitolati "Exile on main street" e "Sticky fingers" - che degli anni '60 sono figli più che legittimi. Come se non bastasse, all'influenza dei Rolling Stones mischiano il sound tipico della West-Coast di quel decennio (e di quello successivo), rimodellando sul loro dna le intuizioni di band quali Love, Buffalo Springfield, The Seeds e Jefferson Airplane; il risultato salta subito all'orecchio, essendo la prima parte del disco ("The Etruscan Path", "Juno and Ginger", "Don't be afraid of art", e la trascinante "Being a child again") costruita su quest'assioma.

Da "Daddy says" in poi abbandonano il lato psichedelico della questione e ripartono col garage: ad eccezione di "One year older", è una spericolata corsa senza freni in cui si rifiata solo durante il country di "I've been young" e che finisce con la splendida "Ol' man crying", forse la traccia più trascinante del lotto con la quale chiudono il cerchio e si candidano di diritto a rappresentare l'Italia in un'ipotetica nuova compilation del nuovo secolo della serie "Nuggets".

Tanto vi basti per procurarvi questo disco, qualsiasi formato meglio vi aggrada.

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La recensione S/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-07-01 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • alfio12 anni faRispondi

    40 anni fa sarebbe stato un capolavoro ..ora è un buon disco ottimamente suonato !

  • rudefellows12 anni faRispondi

    bam!