Da Zelig al debutto discografico il passo è breve: Sergio Sgrilli ci racconta semplici storie di vita vissuta all’ombra del vecchio e nuovo cantautorato italiano
Sergio Sgrilli non è solo cazzeggio e cabaret. Occhio! Il suo micromondo, badate bene, non si esaurisce dentro la gabbia dorata di "Zelig" o nella farsa di qualche comparsata televisiva perché in fondo in fondo, e per fortuna, dietro quel faccione beffardo, da maremmano di costa, si nasconde anche una sensibilità cantautoriale nemmeno poi così tanto sotterranea. Tanto intelligente da risparmiarsi (e risparmiarci) il prevedibile libro comico di turno, quanto scaltro, invece, da avventurarsi dentro territori artistici più vicini alle sue corde, Sergio Sgrilli si affaccia al di fuori del circo ridanciano massmediatico che lo ha reso famoso per raccontare, lungo i solchi del vecchio e nuovo cantautorato italiano, storie d’amore e di vita vissuta, in totale semplicità.
Poco importa che i padri putativi ai quali affidarsi per uscirne indenne siano lì davanti a tutti (da Mario Venuti ad Alex Britti, sfiorandone altri cento strada facendo) e che il companatico musicale di riferimento orbiti spesso intorno a quello stesso funky-blues che spesso accompagna i suoi sketches, perché ciò che conta alla fine di tutto è la genuinità del progetto, forse covato da tempo per umanissime esigenze di urgenza comunicativa.
E’ vero sì, dal premeditato déjà-vu rock di “Plagio totale” alla fossatiana “Facci caso”, dal Tenco fumoso di “Bacio di Giuda” allo Zucchero disimpegnato di “Sposami” tutto testimonia la mancanza di una matrice stilistica personale eppure non inficia al contempo la schiettezza di questi appunti di vita, annotati con umiltà, ironia, onestà intellettuale e con la tipica, ineluttabile, malinconia della gente di mare.
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La recensione Dieci venti d'amore di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-07-09 00:00:00
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