Bank Holiday The last good day 2002 - Rock, Pop

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Bank Holiday nascono nel 2000 a Concordia sulla Secchia in provincia di Modena da Bellodi Marcello e Ghelfi Michele, due chitarre e voci, che ascoltando un po’ tutto il rock inglese decidono di comporre canzoni. Imparando l’uno dall’altro a suonare la chitarra e da varie consulenze da maestri di musica che conoscevano. Prima iniziarono a suonare cover di Oasis e Beatles poi, fatta un po’ di esperienza, il 1° maggio 2001 si esibiscono in un concerto di cover tra amici riscotendo un discreto successo. Nei mesi successivi decidono di comporre diverse canzoni e nell’autunno incidono con l’ausilio di uno stereo e due microfoni la loro prima demo in audiocassetta “Spil my last drink” che distribuiranno gratuitamente gli amici. Alla sera del capodanno 2001 fanno un concerto con le proprie canzoni con un medio successo”. Questa la bio. Teneri, no? Già, pare di vederli, due piccoli quattordicenni alle prese coi primi passi nella musica, i primi eroici accordi, il primo demotape faticosamente registrato con l’ansia che mamma chiami per la cena o la zia entri a vedere cosa stanno combinando i due amichetti con le chitarre nella stanzetta… Sembra proprio di sentirle, le vocette ancora stridule e nasali che parlano dell’ultimo album degli Oasis, di che han fatto i Lùnapop o di quel vecchio misterioso disco dei Beatles scovato nella raccolta di papà… E si sorride, indulgenti, a sentire i pezzi che echeggiano solo vagamente i modelli e assomigliano imbarazzantemente al pop italiano anni 70 di gruppi quali Homo Sapiens o Il Giardino Dei Semplici (i quarantenni ancora lo ricordano). E ad ascoltare la cover di “Be my baby” del grande, immenso Phil Spector, fatta a due all’ora, ci si ricorda di quando passare da un accordo di Re minore a uno di Sol maggiore era una fatica allucinante e venivan quasi i crampi alle dita, ma ce la si era fatta… Eh sì, sarà un istinto paterno che ti fa soffocare le risatine per indulgenza verso questi ragazzetti (anche se si immagina il proprio ipotetico figlio alle prese con campionatori e pc tirar fuori musiche allucinanti) che incrociano titoli forgiati su Grignani (“La fabbrica dei sogni”) e Ligabue (“A che ora c’è l’ultimo viaggio?”) e assoletti di chitarra di due note due. Il primo assolo! “Eh, lo fa lui che è bravo...”. Ma poi, si legge meglio la mail di accompagnamento. E ci si accorge che Bellodi Marcello e Ghelfi Michele (pure cognome e nome: come in caserma!!) hanno 19 anni. DICIANNOVE ANNI!!! E stanno ancora lì?!?

Ragazzi, ma trovarsi un lavoro proprio no?

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La recensione The last good day di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-08-08 00:00:00

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