Un buon esordio di prog-folk, suonato dannatamente bene.
L'arpa ci invita ad entrare dentro un mondo costellato di fate, draghi ed ogni altra facezia fantasy vi venga in mente. Il territorio su cui seminano i Trewa è quello stilizzato del prog/folk degli anni 70 ed in questi 13 pezzi non c'è una miracolosa reinvenzione del genere, però i Trewa suonano dannatamente bene ed in questa ora d'ascolto gli occhi non cedono al sonno, che inevitabilmente porterebbe ad una visita nel mondo di cui sopra, anzi, può venire in più di un momento la voglia di volare le scarpe dalla finestra e di iniziare a ballare alla moda degli hobbit. Non parlo poi del richiamo psicotropo e della fascinazione magica dalla quale vengo rapito durante l'ascolto di queste tracce. Apprendo che i Trewa nascono come side-project che deve aver preso la mano, visto il bel risultato ottenuto con questo "Many meetings on a blithe journey".
Immaginatevi quindi basso elettrico e chitarra perlopiù acustica, percussioni, flauto, tastiera, violino, arpa, batteria, cornamusa, violino e violoncello, una voce maschile e una femminile. Non si può dire che gli arrangiamenti siano minimali, ma nemmeno eccessivamente pomposi. C'è un buon bilanciamento degli strumenti nel mix e non si raggiunge mai l'effetto polpettone. Le composizioni prendono più di uno spunto dai grandi del genere e non potrebbe essere altrimenti. Se in "Matty Groves" c'è una forte eco di Jethro Tull, "Hops" ha le movenze sbarazzine di un certo psychedelic folk in stile Gong mentre "Once I had a sweetheart" è una ballata celtica. "John Barleycorn" mi ricorda il folk di Simon & Garfunkel di "Scarborough Fair" e "Hom Selvadic" si serve del dialetto lombardo (suppongo e chiedo venia se non fosse quello giusto) e di una melodia medievale per creare una festa istantanea. "The enchantment and the moon" sembra un po' fuori tema, moderna favola con un arrangiamento più orientato sulle rivisitazioni folk rock anni 90. Ci salutano con la finale "The chorus", una ballata solare vicina a Donovan e la sensazione è quella di aver ascoltato un disco di genere con alcuni pezzi molto belli. Avessero tolto due o tre pezzi meno a fuoco, avrebbero reso l'ascolto più asciutto e fruibile anche da quelli che il prog proprio non lo vogliono vedere nemmeno dipinto. Consigliatissimo invece agli amanti del celtic folk e della musica suonata bene, qui ne trovate in quantità. Attendiamo la prossima prova.
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La recensione Many Meetings on a Blithe Journey di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-02-09 00:00:00
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