Almeno a livello ispirativo più che negli esiti, in “Morte di un amore” di Nicola Randone c’è molto del mondo del suo conterraneo Battiato (più quello degli ultimi anni che non le sperimentazioni elettroniche degli anni Settanta o il pop colto e ironico della prima metà degli anni Ottanta). Ma confinare il disco di Nicola Randone tra le coordinate derivative a cui si possono riferire certi episodi di Alice o Yuri Camisasca non sarebbe esatto. Se è vero che tali influenze sono forti, specie nell’utilizzo di certe sonorità elettroniche e ‘sinfoniche’, nella preminenza data ai testi tale in certi casi da forzare l’andamento melodico del brano, nella presenza forte di tematiche esistenziali e religiose, è anche vero che in alcuni dei nove brani proposti dal cantautore di Ragusa, si percepisce l’impronta di una forte eredità progressive o prog-metal (“Strananoia” e “Morte di un amore”) ma si colgono qua e là anche altre contaminazioni fino agli ‘alleggerimenti’ reggae di “Il pentimento di Dio dopo la fine del mondo” brano comunque estremamente impegnativo per i contenuti.
Già a partire dalla bella grafica di copertina e del raffinato booklet denso di informazioni, l’album, con un percorso quasi concept, sviscera il tema dell’amore e la sua sublimazione nella ricerca di realtà ‘alte’: in questo senso è esemplare e suggestiva la lunga parte strumentale, piuttosto ambient, posta in chiusura del disco, che culmina in una vera e propria preghiera, e che è da annoverare tra i momenti migliori del CD.
Nonostante l’ottimo lavoro di arrangiamento e di cura delle sonorità sicuramente adatte al genere, accanto a spunti interessanti il disco presenta pure vari difetti, prima fra tutte una certa prolissità nei testi e nella lunghezza dei pezzi: è necessario un lavoro di messa a punto delle liriche che possono essere ‘asciugate’ pur mantenendo la serietà delle tematiche, in maniera da risultare più incisive. Va poi rimproverato a Nicola Randone un uso a tratti troppo enfatico della voce che, invece di dare caratterizzazione all’interpretazione come è probabilmente nelle intenzioni, rischia di diventare una caratteristica quasi fastidiosa per l’ascoltatore. Molto migliore il risultato quando il cantato è meno sforzato come nella prima parte di “La Giostra” (brano che tratta della tragedia dell’olocausto del popolo ebraico).
Una recensione da concludere nella maniera che sta diventando ormai ‘canonica’: una base più che dignitosa, tra l’altro molto personale, su cui occorre però lavorare con impegno e intelligenza se si desidera fare il salto di qualità.
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La recensione Morte di un amore di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-11-21 00:00:00
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