Gli Alkarez si pongono probabilmente come obiettivo quello di ritrovare i suoni e le cadenze del pop inglese d’autore, e con questo “L’Oscar di mele” in parte riescono nel tentativo. Le influenze di Liam Gallagher, più che degli altri componenti di Oasis, sono nette, specialmente nel modo di utilizzare la chitarra nei frangenti sporchi. Tanta è anche la voglia di celebrare i Radiohead, in particolare quelli delle ballate malinconiche e graffiate da punte di noise - quelle, insomma, che li hanno resi noti già nei primi dischi piuttosto che nelle più sperimentali ultime prove discografiche.
Purtroppo il suono che ne esce non è esattamente l’incrocio fra le due tendenze e, soprattutto, tende a sfuggire all’idea di interessante. Si nota infatti una decisa pesantezza giocata su cose già sentite troppe volte per non risultare addirittura consumate. Le cadenze sono forse troppo sfuocate e Nicola Curtarelli non è certo Thom Yorke - anche se forse gli piacerebbe. A dire il vero in alcuni casi ci si trova di fronte a buone idee, ma talmente sparse nei lunghi brani da risultare troppo poco per strappare un giudizio positivo.
La bocciatura sarebbe comunque troppo cinica e dunque i quattro di Piacenza, secondo il sottoscritto, sono da rimandare a settembre (ah, è vero, non si usa più… ma facciamo come se fosse), nella speranza che ciò che c’è di buono nel loro modo di fare musica prevalga quanto prima sul resto e gli consenta di sviluppare una propria personalità.
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La recensione L’Oscar di mele di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-12-06 00:00:00
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