Registrato tra il 2001 e il 2002, questo mini-cd prende finalmente vita dopo vari cambiamenti di line-up e varie esibizioni live nell’hinterland torinese. Il sound è assimilabile ad una specie di hard-rock italianizzato, cioè molto semplice (a volte anche un po’ troppo banale…) e lineare, con pezzi spesso già proposti da altri gruppi emergenti. Manca così una ricercatezza che potrebbe portare questo lavoro ad un livello superiore nella composizione, anche se la situazione non è poi cosi drastica; i brani sono abbastanza orecchiabili e alcuni accenni di cattiveria sonora fanno contento l’ascoltatore smarrito tra i troppi riffs contenuti in ogni singola canzone.
S’inizia con “This isn’t my way”, un brano che dura più di tre minuti; da subito si nota lo strano ‘stampo sonoro’ degli Overock, fatto di chitarre dure ma allo stesso tempo un po’ troppo ingarbugliate tra loro, con assoli (a volte) ben suonati e una batteria che non delude. Molto bello l’arpeggio di chitarra acustica che introduce il secondo brano intitolato “Ego passato”, ma qui il gruppo cade un po’ nella banalità partendo ‘a razzo’ e con molta grinta, ma nell’insieme non viene fuori granché! Un po’ fuori luogo il pezzo cantato in italiano, tanto che secondo il sottoscritto dovrebbero continuare solo ed esclusivamente in inglese.
“In away” è la terza canzone di questo lavoro: molto bella, una gran carica di pathos e un’atmosfera che colpisce, è caratterizzata da un ritornello che rimane impresso nella testa, essendo molto melodico e di grande impatto. Nella quarta canzone il cantante e chitarrista (Fabio Viassone) dà il meglio di se, portando la voce a dei livelli molto alti senza mai rendersi ridicolo, mentre gli altri componenti del gruppo fondono la loro energia per suonare un rock veloce e grezzo niente male. L’ultimo brano (“I killed the world”) è il più incazzato e impegnativo della serie: vari cambi di tempo e piccoli virtuosismi chitarristici lo rendono differente rispetto al resto.
La registrazione è molto buona e cinque brani possono bastare per far parlare di se, quindi nonostante ci siano pezzi dove il gruppo forse sembra un po’ troppo da oratorio la sufficienza è meritata per questi giovani piemontesi.
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La recensione In/away di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-12-09 00:00:00
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