Nei negozi ormai da qualche mese, l’esordio omonimo dei Gabin ha riscosso successo ancor prima di esser pubblicato. È bastato infatti che il primo singolo, il tormentone “Doo uap, doo uap, doo uap”, venisse scelto per sonorizzare un noto spot televisivo, che i Nostri sono subito balzati all’attenzione di media e pubblico. D’altronde il genere musicale che caratterizza la proposta è spesso garanzia di successo; stiamo infatti parlando di ‘easy-listening’, formula che abbastanza facilmente riesce a catturare adepti in massicce quantità. Non inganni però la storia dell’ascolto facile per sottovalutare un disco che presenta anche passaggi raffinati, oltre che tentazioni modaiole e trendiste che in alcuni casi fanno storcere il naso.
Del primo estratto, infatti, abbiamo subito l’indigestione di ascolti spesso non desiderati, e per cui verrebbe quasi automatico svalutare il brano. Però è innegabile che la rilettura del pezzo, originariamente intestato a Duke Ellington, sia tanto azzeccata quanto gobile, come anche la ‘ruffiana’ “Sweet sadness” (rubata di soppiatto a Nicola Conte), la trip-hoppeggiante “Delire et passion”, la danzereccia “Gabin vs. cal’s bluedo” (che a sua volta richiama lontanamente i Montefiori Cocktail), la house raffinata di “Azul añil” e la techno di “House trip”.
Il resto, invece, non sorprende per originalità, pur contraddistinguendosi per la classe con cui si è provveduto alla manifattura. Considerazioni personali a parte, i Gabin nel complesso hanno saputo assemblare un’opera che desta più di una semplice curiosità. Rimaniamo quindi in attesa di conoscere gli sviluppi del progetto, magari valutandone la resa dal vivo.
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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-12-13 00:00:00
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