Niente club, niente fiction. Questa è un'ode a Milano, fatta da chi nasconde un coltello dietro la schiena
Dietro il nome di Pantere Velasca si celano due giovani mc milanesi, Filow Raine e Zoo del Rio, che con l'animale hanno in comune molto: graffianti, notturni ed eleganti. "Polvere al vento", uscito per la Unlimited Platform, sottoetichetta dell'Unlimited Struggle Recordings, è il loro album d'esordio e fin dalla traccia d'apertura dell'album ci è subito chiaro quello che sarà il filo dell'intero lavoro: la guerriglia, quella che i ragazzi affrontano tenendosi ben saldi al suolo urbano, coprendosi le spalle a vicenda.
La prima guerriglia è quella del vivere nel clima generale di questo paese, e in particolare in questa giostra di cemento che è Milano, il cui carosello di contraddizioni e bellezza viene affrontato in canzoni che parlano di riscatto sociale, ("Polvere al vento", "Sale scende") e di utopie ("Immagino").
La seconda guerriglia è quella all'interno del mondo del rap italiano, che tanto è di successo quanto tutto contenuto in un unico calderone di confusione: le liriche, i beat, lo stile, sommando gli addendi il risultato è quello delle classifiche sature di rap verità, di vite da fiction che si trasformano in storie di genere. Le due pantere di Milano provano a ribadire il concetto che il rap è cultura, non una merce di scambio con il denaro ("12 rintocchi"), che non ci si inventa la strada e le ferite se poi non sei mai caduto e che questo non è sempre un viaggio all'interno del tuo ego.
Ma non c'è solo battaglia, perché ci sono volte in cui il rap non è il problema ma la risposta, l'inizio del viaggio dall'adolescenza all'età adulta, una passione trainante tanto quanto lo è la traccia che la svela, la funkeggiante " Rockin' in the eighteen" feat. Musteeno. Un pezzo che mette in scena tutto il bello di un amore che inizia proprio da un disco ascoltato mentre si cammina per la propria città, "Ho consumato negli anni la suola delle Stan Smith/ in giro tra jam e block party" dicono le pantere, mettendo in mostra tutto il loro rispetto per la tradizione del rap che morde pur rimanendo cool e rilassato.
Tra un beat minimal e un giro di piano, rimane ancora il tempo e la voglia di parlar d'amore: di quello morbido, di quello che fa scaricare i pezzi alle signorine, come in "21/12", o di quello dedicato a un'unica grande signora, Milano, protagonista del bellissimo pezzo "Velasca" dove tra il beat scivolato e il classico ritornello cantato si capisce che si parla della città con la stessa dolcezza ed eccitazione con cui si parlerebbe della più bella della scuola. Con un pezzo del genere ci si innamora del tram che passa per piazza Missori, del bar con il nome imponente ma con le tovaglie di carta umida e poi di un album d'esordio come questo, uno da peso leggero ma che non si lascia schiacciare da uscite ben più conosciute.
"Polvere al vento" è un bell'album d'esordio: c'è più di un pezzo d'ascolto compulsivo, la scrittura è compatta e -cosa ancora più importante- non c'è nessun brutto scivolone. Riconoscibile è la firma del producer dalle mani metallo, TNS, supervisore artistico dell'album (a cui hanno collaborato anche Bonnot, Herrera, Wza e Dj Pitt) che ha saputo alterare la temperatura dei pezzi in maniera eccellente, portando ghiaccio e beat scarni alle track più minimal o bronzo iridescente a quelle più funky; la verità è che tutto quello che fa è oro colato.
All'ombra del Velasca c'è chi arriva c'è chi scappa, ma queste pantere hanno bisogno di rimanere intorno al loro headquarter, c'è da difendere un genere.
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La recensione Polvere al vento di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-01-27 00:00:00
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