Yakamoto KotzugaRooms of emptiness EP2013 - Elettronica

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Giovanissimo ma con un talento già cristallino. Il cuore, la tecnica e la post-dubstep

Con questo nome sembra essere uscito da una barzelletta o da una puntata di Takeshi's Castle, a voler essere buoni. Invece Yakamoto Kotzuga è di Venezia, giovanissimo (19 anni) e, soprattutto, senza nessuna velleità di nascondersi dietro una maschera o il cappuccio di una felpa. Piuttosto, il segreto è mettersi nudi e vulnerabili di fronte agli altri.

"Rooms Of Emptiness" ha pregi e difetti dei lavori fatti in casa: tante piccole sbavature, i dettagli che si perdono nel magma, le interferenze che fanno capolino tra un beat e all'altro. Ovvio, suona anche artigianale e spontaneo, i sentimenti sono dosati con cura, sono tangibili e reali che riesci a toccarli con mano. Il punto in più sta proprio nel mondo che Yakamoto riesce a disegnare. I pezzi stanno quasi sempre in piedi con poco. "Waldeinsamkeit" ad esempio, poggia tutta su tre note, il beat che all’inizio parte spedito, alla Nosaj Thing, finisce per cadere dentro questa spirale magnetica, ne esce rotto e disturbato, poi si leva di torno e il pezzo rimane nudo, con le tre note di prima che nel frattempo hanno tenuto in piedi tutta questa storia di voci lontane e perse dentro la foresta. “Wet Dreams” fa lo stesso, con ancora più candore, una voce anche qui che da lontano cerca di emergere in un abisso di field recordings e batterie wonky. “The Snake Around My Neck” si carica di droni che sembra Koreless che gioca a fare il cazzone su questi ritmi tipicamente post-dubstep. “Hiren” è la più classica, campiona una chitarra acustica ed è un continuo svuotare seguendo un gusto pop che la fa somigliare ai primi esperimenti di Jamie Woon.

Insomma, i riferimenti sono tanti e, l’avrete capito, il suono di Yakamoto Kotzuga è veramente vario e aperto a un così ampio ventaglio di possibilità che lo fanno somigliare a poche cose qui in Italia. E poi, come sopra, ogni traccia pulsa, vive e ha un anima. Davanti alla tecnica c’è il cuore, e non è un caso che i tipi di Bad Panda se ne siano accorti e gli abbiano pubblicato questo EP. Il primo biglietto da visita, immaturo, ancora da limare ma con dentro germi di talento cristallino da volersi vedere pienamente evoluti. Deve semplicemente aprirsi una strada più personale a livello di suono, capire come marchiare a fuoco la sua impronta e lasciare che la sensibilità faccia il resto. È giovane e con tutto la vita davanti. Aspettiamo fiduciosi.

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La recensione Rooms of emptiness EP di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-08-05 00:00:00

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