vittoria del gruppo al concorso “Giovani di Note” ideato e finanziato dalla Provincia di Belluno e dalla Regione Veneto. Il terzetto di Auronzo di Cadore, infatti, ha sbaragliato la concorrenza di una cinquantina di gruppi locali e si è aggiudicato questa bella produzione, ottimo esempio di come dovrebbero funzionare le politiche giovanili locali.
Sette pezzi, lingua inglese, bel book colorato arancione, parto all’ascolto più curioso che mai.
“As i woke up” è la graziosissima intro orientaleggiante, che richiama subito un nome a me molto caro, i Blind Melon; chitarre acustiche e altre in salsa-sitar, percussioni, uso della voce molto anglosassone, come fosse uno strumento aggiunto. Il testo è un inno alla vita e all’indecisione propria dell’essere giovani (trattasi di ragazzi di 18 anni di età media), che è difficile non ritrovarsi a cantare già al secondo ascolto.
Cambio di registro dal secondo brano “Innocence is over”, più duro e tirato, su “Let me paint the sky” sono già chiari gli altri ascolti del cantante compositore: Smashing Pumpkins su tutti. La voce arriva molto in alto, lassù dove ero abituato a scorgere solo Thom Yorke o i Buckley, molto estesa e fresca - del resto lo dice anche il giudizio della giuria del concorso che leggo tra le note del book.
“Deliriously divine” è una ballatona acustica piuttosto classica, ed è forse per questo che il ritornello è più individuabile e godibile rispetto agli altri pezzi. Il tema si alleggerisce - credo parli di amore - anche se, magari per scelta di lingua, la scrittura viaggia più per immagini che per pensieri. In “Raise your voice” si sente di più l’ensemble del gruppo, altrove un po’ sacrificata dalla mole di lavoro di Marcello che oltre a scrivere e cantare suona pure la chitarra. Non solo l’assolo del suddetto è degno di nota, ma anche gli stacchi e quella vena folk-blues che esce fuori dall’intesa dei tre.
“So the angel spoke” chiude infine il disco come era cominciato: con leggerezza, dilatazione, dinamiche altalenanti, eco calde di sitar, delicati arpeggi disturbati da effetti reverse beatlesiani.
Sono proprio l’intro e l’outro a rimanere in testa con più persistenza in questo lavoro sì personale e compatto, ma forse un po’ troppo omogeneo nella parte centrale. Mi resta la curiosità di assistere all’evoluzione di questi tre giovani e sapienti musicisti, vedere quale strada sceglieranno: se quella più solare che porta in oriente o l’altra carica di feedback di una chitarra sempre in corsa. Si ammorbidiranno, canteranno in italiano (e quindi ce li ritroveremo in rotazione accanto a Le Vibrazioni), o inseguiranno fedelmente il mito del mercato estero?
“Do i start or do i stay” canta Marcello... ma fammi il piacere! Alla tua età non ci si pensa neppure!
Buon viaggio.
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La recensione Orange di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-04-17 00:00:00
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