BracePuledri nello stomaco2013 - Cantautoriale, Grunge, Alternativo

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Quattro veramente belle, le altre meno. Comunque un buon disco

Davide Brace è di una generazione di cantautori precedente rispetto a questa. Facendola breve, nella prima metà del 2000 c'è stato un cambio abbastanza preciso: da una parte gli strascichi dei '90 italiani, dall'altra personaggi tipo Ben Gibbard riportano di moda l'uomo che si chiude in cameretta perché il mondo là fuori gli fa troppa paura; ad un certo punto compare nel songwriting cantautorale italiano un modo di scrivere per immagini molto più duro e freddo, decisamente emotivo ma ben lontano da quello che ascoltavano i miei genitori. Prima c'è l'uomo che cammina sui pezzi di vetro e ci spiega la debolezza umana o l'uomo che guida a fari spenti nella notte per un non ben chiaro senso di nichilismo, poi arriva Babalot e ti dice “un ragazzo che non voleva più parlare, si cucì la bocca con la polvere da sparo” o Bugoil mio silenzio è una spada appuntita agitata in quest'aria appesantita”. E a me si sblocca qualcosa. Sarà anche poca roba, lontana da poterla definire generazionale, ma io dei miei vent'anni mi porto dentro giusto questo, Calvin Johnson e la prima volta che mi è capitato in mano “The Glow Pt. 2”  dei Microphones.

Poi Davide Brace nel 2014 ti dice “stiamo diventando una casa vuota” e mi fa vibrare di nuovo quelle corde lì. Che è una canzone che mi tengo sul computer da parecchi anni: Brace mi aveva passato il provino registrato con il cellulare e per troppo tempo ha rappresentato una malinconia densa, anche abbastanza brutta e grondante solitudine, di io che faccio l'ennesima valigia in quel periodo dove usavo Berlino come seconda casa sperando che si sbloccasse nuovamente qualcosa. E' una delle migliori che ha scritto in assoluto e spiega bene i punti in cui Brace è bravo: il suo immaginario - un po' da favola, un po' Fellini, un po' da chiesa – e la sua solitudine che cerca di nascondere tra le parole per un non ben chiaro senso del pudore.

Ora che è uscito il nuovo album, a 8 anni di distanza dal precedente, mi tocca costatare che di belle come “Casa Vuota” non ne ha scritte molte altre: al numero due c'è “Pigiamarmatura”, in pratica una canzone dei Sebadoh, al tre “Lattaio”, è la canzone perfetta in stile Camerini ma come se fosse dei Beat Happening e l'altra bellissima è “Bio”, fatta in chiave Calexico/Neutral Milk Hotel con quel testo goffo e tenero insieme. Non male anche “Olio per cervella” che sa di rabbia vera, “Piedini” che pur sfiorando l'effetto bans è divertente, “Domani” alla Beck, e “Biglia” che ricorda i vecchi pezzi di Brace ma sembra arrangiata da I'm From Barcelona. Queste quattro sono belle ma hai già la sensazione che stia allungando il brodo, sensazione che in “Caffè”, "Braccia", “Buongiorno”, “Nausea” diventa più accentuata.

Quindi due punti deboli: manca qualche canzone bella in più, e onestamente non puoi considerarlo fresco (basta guardare i grassetti di questa recensione per capirlo). Non c'è bisogno di ribadire il talento, il songwriting originale, e probabilmente se non se la fosse giocata così male tenendolo nel cassetto per 8 anni oggi avrebbe raccolto di più e si sarebbero aperti altri percorsi di crescita. “Puledri nello stomaco” resta un bel disco, magari non stupefacente, ma va bene così.

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La recensione Puledri nello stomaco di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-06-27 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • seymour10 anni faRispondi

    brace conosce più trans che bans....