Un fattore caratterizza le produzioni che si possono ascrivere nel filone “elettronica” ed è l’assenza del difetto esteriore. E’ questo il caso della proposta Red Neon City, progetto di Geppi Cuscito, one man band, che ha confezionato quattro brani accurati e raffinati tanto nella presentazione quanto nella registrazione. L’impressione dominante nell’ascolto è di equilibrio nella stesura delle melodie, nella fusione armoniosa dei suoni sintetici con le chitarre dichiaratamente di stampo new wave, spesso protagoniste di aperture che addensano le atmosfere in brani strumentali come “Stargazer” che altrimenti potrebbero risultare eccessivamente rarefatte come nel caso della ambient “Manta”. Altrettanto costruite, ricercate nella scelta delle sonorità e degli inserimenti vocali sul tappeto elettronico le due restanti tracce, in particolare “Fever” arricchita da un cantato sinuoso e intenso. Eppure le composizioni di RNC sembrano chiuse in una prigione dorata i cui confini sono proprio l’apparente perfezione, la simmetria, l’impressione di aver ascoltato un’opera talmente finita e matura da essere incapace di progredire. Sono brani eleganti, direi glam, che richiamano fortemente Simple Minds, Depeche Mode, David Sylvian e appaiono come un tributo a un’epoca musicale i cui frutti sono arrivati nelle mani di compositori virtuosi già sgrossati degli episodi più kitsch. Oggi si gustano come atmosfere di sottofondo, adatte a completare una sfilata o una mostra di design, o accompagnati da un videoclip, altro grande regalo degli Ottanta, che in questo caso risulterebbe compensativo grazie ai suoi “suggerimenti d’emozione”. Se proiettato già in partenza verso la costruzione di supporti sonori, Geppi Cuscito(che in parallelo a RNC cura appunto un progetto che si occupa di sonorizzazioni) potrebbe trovare, con un minimo di spregiudicatezza in più, la giusta dimensione alle sue capacità compositive (forte del maestoso esempio di Brian Eno…).
n’ultima nota sulle qualità canore di questo artista: possiede una voce profonda, originale, dalla timbrica duttile e decisamente sensuale. Una voce che, se non limitata ad esprimersi in poche strofe, da sola sarebbe capace di far emergere questo lavoro dal ruolo di cornice ideale a qualche altra forma d’arte emozionalmente più toccante.
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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-06-10 00:00:00
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