Sette paesaggi mentali a bassa fedeltà, foraggiati a elettronica inquieta e visionaria, tra derivatismo e spicciola sperimentazione.
Dietro le sinteticherie esasperate di H!U si nasconde Davide Sperandio da Lecco. Uno a cui l’elettronica piace smembrarla chirurgicamente per poi riassemblarla a proprio piacimento, assecondando gli umori di turno, recluso dentro la propria torre d’avorio in compagnia dei propri synth, campionatori, VST, midi, PC e altre diavolerie moderne. Umori, i suoi, che, evidentemente, albergano sul lato oscuro della Luna e che hanno poco da spartire con una media felicità terrena (e terrestre). Un progetto che trasuda solitudine e follia quello di H!U, che lascia poco spazio, anzi nessuno, alla serenità e che si ciba della parte più onirica e visionaria degli ultimi 40 anni di elettronica.
Sopra un solido basamento cementificato con cosmic-rock teutonico e industrial primordiale di scuola Throbbling Gristle si posizionano, in una pregevole commistione di analogico e digitale, spunti personali diversificati che fanno del funzionale derivativismo il migliore dei carburanti: dal Moroder accigliato di “Surround” si passa – attraverso l’IDM angosciante di “Ashes” – al dark ambientale di “Antemortem” che, già dal titolo, lascia presagire atmosfere poco concilianti (gli italianissimi Runes Order sono dietro l’angolo), peraltro in pendant con la spettralità celeste di “Death” e con l’industrial claustrofobico di “Castle”. Quello che sembra essere il delirio di un androide in fase terminale (“Meta”), infine, introduce al meglio la cupa chiosa siderale di “Data” che, a suo modo, potrebbe sonorizzare la deriva di una navicella spaziale dentro i più neri abissi del cosmo.
A tratti l’orientamento sembra smarrirsi, è vero, causa sovradosaggio di idee e influenze, ciononostante rimane immutata la carica atmosferica di questi 7 paesaggi mentali a bassa fedeltà, in magica sospensione tra passato e futuro.
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La recensione H!U di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-11-26 08:00:00
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