Post-rock cinematico, musica per un film non ancora girato, fortemente evocativo e confidenziale
Un disco costruito su sei variazioni, come se si trattasse di un'opera unica che dato l'impianto timbrico sviluppa le sue parti esplorando il post-rock, il pop, l'ambient, condendo il tutto con intenzioni cinematiche, e usando sorprendentemente pochissimi strumenti: chitarra, flicorno, tromba, riverberi.
Le voci degli ospiti si prestano a spoken word (“See”), leggere melodie pop (“Mouth”), ma anche ad oscure interpretazioni à la Nick Cave (“A minor tune”). Sugli arpeggi di chitarra tessono lunghi temi i fiati di Ramon Moro (“Blissed out”), mentre American Splendor, moniker di Maria Teresa Soldani, si ritaglia uno spazio tutto per sé in “Laminates”, deliziosa distesa post-rock che trova nel loop del riff di chitarra la giusta base su cui inserire suoni parsimoniosi e vibranti e una voce resa insolitamente fredda eppure umana dagli effetti.
L'intenzione cinematica è espressa anche negli inserti di spezzoni audio di film e nella struttura dei brani: “Eastern lights” ad esempio, parte dopo un minuto e mezzo di pedale, come se fosse già tagliata per accogliere su di sé un dialogo. Musica descrittiva per un film non ancora girato, dalle forte componente evocativa e sinestetica, splendidamente essenziale, elegante e confidenziale e che dimostra come con molto poco si può costruire tanto.
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La recensione Crash di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-07-31 00:00:00
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