La band di Pompei continua a farci ballare con il suo punk agreste.
“Dramedy” è una parola bellissima, perché se ci pensi è giusta per tutti gli aspetti della vita, anzi è giusta proprio per descrivere la vita tutta: tranne qualche rara eccezione di gente sfigatissima o molto fortunata, l'esistenza di chiunque è in misure variabili un po' commedia e un po' tragedia. Dramedy è una definizione che rifiuta le definizioni.
Allo stesso modo in cui le rifiutano gli Shak & Speares. Un gruppo che si diverte con gran serietà e che non non ama farsi imbrigliare in radici geografiche e di genere. Con il “dramma” che sta soprattutto nel cantato enfatico e in certi eccessi di epicità, mentre la “commedia” è nei sorrisi e nella voglia di ballare – o di pogare - che ispirano tutte le canzoni, coi loro ritmi frenetici e lo spirito apolide.
Se una critica si può muovere a questo secondo lavoro del gruppo campano, è quella di non discostarsi dalla formula dell'esordio, ma del resto quando la formula funziona perché cambiarla? E il “punk agreste” degli Shak & Speares funziona alla grande. La commistione di anarchia punkettona, saltellamenti balcanici, nostalgie irlandesi e poetica lo-fi condita da testi fuori dai binari è irrimediabilmente contagiosa, e oltretutto con il pregio di una durata (poco più di venti minuti per nove pezzi) che non lascia il tempo di stancarsi o peggio annoiarsi.
Dura giusto lo spazio di una fantasticheria, è una pausa rubata alla routine per fare un viaggio insieme a una carovana di zingari felici, è il lampo di gioia che può arrivare anche quando proprio non te l'aspetti, magari in metro di mattina come in “Subway in love”, e che vita sarebbe senza questi momenti? Sarebbe una tragedia. Invece la vita, per fortuna, è un dramedy.
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La recensione Dramedy di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-12-01 09:00:00
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