“Il mio tesssoro”. Forse domani non lo saranno più ma oggi queste otto canzoni sono “il mio tesssoro”.
Perché sono fresche. Perché sono visionarie. Perché respirano.
Ogni canzone è un colore. Ogni frase un gioco. Ogni parola un passo verso il loro mondo.
Hanno tutte le mancanze e gli eccessi che provoca la fretta e l’eccessiva voglia di fare, tante cose da misurare e assestare, ma vivono.
Il difetto più evidente gira intorno ad una parola:TROPPO.
Ci sono troppe idee a cui non viene dato il tempo di svilupparsi, troppi suoni diversi che si scontrano, troppi accenni, troppi riferimenti…troppo…troppo…
Dovrebbero fare un riassunto di loro stessi, cercare ciò che è importante, sottolinearlo con un evidenziatore fluorescente e provare ad esprimerlo in modo più lineare, con poche e semplici parole.
In alcuni episodi gli elementi che usano per comporre le loro melodie mancano di coesione, sembra che ogni strumento, fra cui inserisco quello vocale, a parer mio inesperto, segua la sua direzione, usi il brano che costruisce in modo egoistico, solo per scoprire se stesso e le proprie potenzialità. La conseguenza più evidente di questo atteggiamento, presumibilmente involontario, è la perdita di spessore, di corpo.
Qualche frammento però scorre in testa oltre il suo tempo, così come rimane negli occhi dubbiosi e legati al vero, un quadro surrealista (“Questo albero mi ha detto che mi vuole bene e io sono contento”).
Ci sono infinite cose che si possono scoprire, tanti nomi che palleggiano nel pensiero, ma io mi limito a fermarne solo due, estremamente distanti l’uno dall’altro. Ho pensato ai Cure, a quelli chiari, quelli leggeri e scanzonati di “Friday i'm in love”.
Ho pensato, cercando in anfratti della mente che ormai credevo inesistenti, a Sergio Caputo, all’ironia e all’ingenuità divertita dei suoi pezzi.
Passando dalla filastrocca al suono più robusto e distorto, frantumando i canonici percorsi del ragionamento, si riesce a comprendere la via espressiva che hanno scelto, la si individua nonostante la confusione, e ci si affeziona alle sue imperfezioni.
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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-09-01 00:00:00
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