Un Decameron psichedelico: delicato e surreale, un album che porta la realtà di tutti giorni al limite della poesia
Cantare di “cose materiali”, comuni a tutti con il piglio di musicista rilassato e in equilibrio con la sua opera: sono i "Madrigali" di Rob VonDatty (Godfellas), per i suoi seguaci il “Barone”, classe ’91, baffo prorompente del panorama emergente romano.
Dopo "Diavolerie" per lui il secondo lavoro, in uscita il prossimo 13 novembre: una raccolta di dieci tracce che tutto raccontano, forse troppo. Ogni canzone è quasi un sussurro, stemprato al finale da un messaggio lasciato all’ascoltatore che deve ricostruire ogni tassello; ogni brano ha sempre un rimando o una referenzialità che lo ricollega a vari artisti italiani, diversi tra loro ma che in VonDatty sembrano aver lasciato il segno. Qua e là è possibile avvertire il sound di Mannarino, dei Nobraino, dei Marta sui Tubi e delle chitarre dei Marlene Kuntz. Poco male comunque, per una artista che sembra sapere dove vuole andare a parare.
"Madrigali" è un viaggio surreale dal facile cambio di registro: si parte da "Il fantasma della porta accanto", ballata romantica a base di chitarra, al tripudio elettrico di "Santamarena" in cui si manifesta la batteria incisiva e un sound deciso. Si va avanti con "Blueberry": nonostante “gli manchi l’aria” Von Datty ritrova “il succo del discorso” e lo fa destreggiandosi tra un riff anni ’70 e sax imprevisto, stonatamente perfetto.
C'è poi il testo più interessante dell’intero album: il “sentimento elettrico” de "L’ingranaggio" in cui si parla del tentativo di trovare il proprio posto al mondo, “di essere un ingranaggio in un sistema di abitudini”.
Non manca l’amore, quello “malato”, primo estratto di "Madrigali": qui si “vomitano sogni andati via senza nome”, non si scherza. Si continua in questo percorso variegato e piacevole con "Maschere di inchiostro", "Il gioco delle ombre" in cui l’innamorato disegna i suoi occhi in quelli dell’amata. E poi l’ultimo respiro prima di abbandonarsi nella ferrea "Il generale inverno", la radical chic "Disoriente" in cui perdersi “cadendo nel panico”. Chiude "Dal tramonto all’alba", giusto sigillo per un lavoro come "Madrigali", pieno di teatralità e barlumi di non sense da afferrare all’ascolto, perchè talvolta “indigesto” è il senso delle canzoni.
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La recensione Madrigali di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-11-29 00:00:00
COMMENTI (1)
Ho trovato questo album pieno di piccole(?)sorprese, laddode poi ognuno trova la musica che cerca.Superate le prime tre tracce, un po troppo ondivaghe nelle loro direzioni(mannarino,Marlene kuntz), si arriva a "l'ingranaggio" e tutto diventa piu coerente e credibile, a tratti notevole.Niente smaccati riferimenti musicali ma solo pezzi che colpiscono per sintonia tra musica e testo, facendosi apprezzare per quello che sono: brani di Von Datty.Non disturbano echi di Radiohead(la batteria di generale inverno) anzi, sorprendono, come sorprende il bellissimo sax in chiusura di "disoriente", una delle tracce piu belle, assieme al gia citato "lingranaggio", "l'amore malato" e "il generale inverno". Un disco che apprezzo di piu ad ogni ascolto, e all'oggi sono davvero molti, e che si ritaglia il diritto dell'attesa della "prossima volta" come un appuntamento irrinunciabile.Dalla musica io cerco innanzitutto sincerità, e Von datty me l'ha concessa.Bravo