Si apre con un invitante basso elettrico il primo disco dei Fennec, che vede finalmente la luce dopo quasi due anni di gestazione. Questo “Virtual honeymoon” gira nel lettore cd che è un piacere, traccia dopo traccia, e ti lascia alla fine un senso di pacatezza, di rilassatezza, di piacevole sensazione di aver affinato i sensi. Eppure i Fennec avvisano che “un buon ascolto non fu mai scritto”; il che sembrerebbe suggerire di non stare a perdere troppo tempo nel descrivere ciò che si prova ascoltando questi brani, lasciandosi unicamente trasportare dalle sensazioni uditive. Eppure… eppure qualcosa bisogna pur scrivere per mettere giù una recensione.
Del gruppo si sa poco o niente, se non che due di loro – Luca A. Rossi e Simone Filippi – hanno militato negli Ustmamò. Un alone di mistero che non turba affatto, ma che anzi permette di concentrarsi unicamente sulla musica, su questo calderone di suoni elettronici che è “Virtual honeymoon”. Nessuna distrazione, solo lasciarsi trasportare tra il lounge, il soul, l’acid jazz, il dub, la psichedelia, tutti uniti dal costante uso dell’elettronica, che permette di rendere attuali anche il cut-up dei suoni più datati. La formula del misterioso ensemble è complessa: prendono pezzi di brani, si ispirano a generi dei più disparati e poi con l’utilizzo della tecnologia li amalgamano, gli danno un’anima tutta nuova, li rendono in qualche modo omogenei e lineari. Nel pentolone troviamo ingredienti diversi, ma la cottura è fatta a puntino, sicché il risultato è minuzioso, al limite del maniacale nella cura di tutti gli aspetti - dal tema che unisce i brani, ossia una luna di miele virtuale, alla continuità stilistica che si crea nonostante la diversa provenienza dei generi.
Sorprende lo spirito di Elvis Presley, rinato nel nuovo secolo, che aleggia in “Hungry dog” o l’irresistibile ritmo con reminescenze ispaniche di “Me long”. Affascinanti le ballate, mentre i frequenti echi dub rendono perfetta la musica dei Fennec per un ambiente a luci soffuse, dove abbandonarsi ad inebrianti effusioni amorose. All’ascolto tornano anche alla mente molti artisti: qua e là sembra che sulle pareti degli studi della band siano stati sempre ben in vista i poster di Moby, Morcheeba, Chris Isaak, Massive Attack e Stereolab. Ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo, perché in ogni composizione troviamo un richiamo. D’altronde la band non nasconde che il cd nasca come un “cut up nel pop” e soprattutto come un “ideale sottofondo per i vostri incontri amorosi” - e su questo non possiamo che dargli ragione, perché hanno veramente colto nel segno e perché il disco è tremendamente romantico.
Ma anche sognante, visionario, ti concede di viaggiare virtualmente dove vuoi, anche ai confini della fantascienza. Libero, come lo spirito della “volpe del deserto” (significato ufficiale del termine Fennec). Libero anche dai confini tra Paesi. Questo è un disco dal sapore internazionale, perché la volpe ha voglia di girare il mondo senza freni…
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La recensione Virtual honeymoon di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-10-17 00:00:00
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