Semplicemente sei bellissime canzoni
Phill Reynolds e Threelakes sono come le due chiome di uno stesso albero: radici comuni, con rami che si sviluppano in direzione parallele ma indipendenti, a tendere verso l'alto. La cura filologica con cui approcciano a un folk di matrice americana, come già sappiamo, da vita a due interpretazioni del genere, più roots e minimale Threelakes, più popular e luccicante Reynolds. La tripletta di Luca Righi muove da un brano che volteggia in punta di dita tra soul e spiritual, con pochi elementi timbrici che semanticamente descrivono l'ambiente; in “Two Deserts” la voce si fa tremula e supplicante, mentre la chitarra elettrica disegna un melodia dal sapore anti-folk, mentre “Four season blues” presenta un inedito e ripetitivo elemento neopsichedelico.
Phill Reynolds invece se da una parte si rifugia in quello che sa fare meglio, le ballad sussurrate e intime di “Hey Joy” e “Man”, è in “Twosday” che concentra l'elemento di novità, regalandoci forse uno dei pezzi più complessi del suo intero repertorio, in cui finalmente sentiamo un arrangiamento che coinvolge anche pianoforte e violoncello insieme alla consolidata chitarra, e una melodia così dolce e orecchiabile da potersi definire pop, che ha al suo interno un che di antico con l'aspirazione all'eterno.
Non è così scontato comunque giungere alla conclusione che questo split sia un incontro felice, sia perché dimostra come si possa ridare vita con molte sfumature a un genere comune e ben codificato ma sempre a rischio di passiva imitazione, sia perché l'ascolto aggiunge poco a quello che già sappiamo dei due autori, ma semplicemente siamo davanti a sei bellissime canzoni che non hanno bisogno di ulteriori parole.
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La recensione Threelakes / Phill Reynolds di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-01-29 09:00:00
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