Curiosare tra le emozioni e canticchiarle con semplicità è una pretesa che necessita di una personalità artistica tale da abbattere l'ostacolo della banalità. Noncurante del rischio, Paolo Fornasari armeggia con cura il proprio talento melodico e si cimenta nella costruzione delle sei soffici canzoni pop contenute in questo "Sei anni di sole" (ho l'atroce dubbio se l'accento sulla "o" sia aperto o chiuso"), purtroppo il risultato dei suoi sforzi compositivi lascia più di un dubbio.
Non c'e' nulla di "brutto" nella musica di questo cantautore, è tutto tremendamente accogliente, confortante, immediato. L'ascolto non necessita di concentrazione alcuna e gli accordi suonano sempre così familiari. Gli stessi arrangiamenti si distendono calibrati, senza esitazioni, mai invadenti e capaci di esaltare doti melodiche non comuni.
Poggiati su un battito dolce, le strumentazioni acustiche sostengono lunghi ritornelli sospesi su un canto delicato scandito da una caratterizzante evve moscia. Tutto esattamente come dovrebbe essere, tutto fastidiosamente a posto. Ascolto dopo ascolto, i brani rimangono in un limbo di mediocrità, senza deludere e senza stupire, mettendo a nudo un artista ancora privo di spessore; un improbabile allievo di Jeff Buckley sciolto in una sbiadita copia dell'ultimo Neffa, che fin troppo spesso finisce per rubare il "meglio" a Daniele Groff.
Nessuna deviazione dalle convenzioni stilistiche, nessun tentativo di svolgere le melodie su tematiche meno prevedibili, nessuna ipotesi di variazione su un tema scontato.
Dispiace svilire la passione, ma Paolo Fornasari appare come lo stereotipo del cantante di successo, capace di soddisfare senza impegnare, regalando un'impeccabile monotonia che sembra gia pronta per le cure di una major.
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La recensione Sei anni di sole di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-10-30 00:00:00
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