L'insostenibile leggerezza...del voler fare il cantautore
Cosa c'è di meglio di un sogno per avere un motivo per cui suonare? Niente, non c'è niente. È il caso di Nicolò Spito, uno che fin da bambino ha masticato pane e De André con il rischio, ovviamente, di bloccarsi per indigestione.
"Leggerezza di viaggiare" è un disco d'esordio che, tralasciando il resto, per essere un'auto-produzione almeno ha una qualità audio accettabile. Purtroppo però il resto non si può tralasciare. Dodici brani per dire al mondo di esistere e altrettanti per dichiarare di voler essere un cantautore. Apre l'album "Un ritmo lento per ballare" con pianoforte, voce e una storia che parla di un uomo, una donna e un "mutuo da sanare". Amore a rate e una ballata strappalacrime consigliata agli amanti dell'amore ai tempi di Sanremo. Con "Ubriaco d'armonia", nonostante la lancetta si sposti sul folk, il sospetto che il ragazzo sia troppo legato alla celebrazione di un passato musicale che non c'è più si fa più forte. Per dirla brutalmente è come se rifacesse brani già sentiti e risentiti: accade in “Le parole che ti volevo dire” e in “Tyche”. In quest'ultima neanche l'arrangiamento con band al completo riesce a svecchiare e ringiovanire il tutto. Quando si arriva a più della metà del disco, cioè a “Fieno” e “Suona Mozart”, ci si sente come quando si avverte quella sensazione di difficoltà ad alzarsi dalla sedia dopo aver mangiato troppo. Si è troppo sazi.
"Leggerezza di viaggiare" è questo: un'indigestione della tradizione cantautorale italiana. Un esordio che è un già visto, già sentito, già vissuto, già descritto. Un trionfo, insomma, della parola “già”. I tempi cambiano e si consiglia vivamente un aggiornamento del sistema per non diventare obsoleti. Va ascoltata un sacco d'altra roba anche, e soprattutto, dello stesso genere.
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La recensione Leggerezza di viaggiare di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-05-20 23:00:00
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