Ancora molto lontani dal 1984.
L’ep omonimo de La Fattoria degli Animali viene concepito su intenti concettuali. Combinare il teatro, la pittura e la letteratura in cinque brani musicali. Impresa non facile e sicuramente rischiosa che non sembra riuscire del tutto dopo l’ascolto.
Buona parte dei brani (“Signor Smith”, “L’esercito degli inutili”) ci riconduce immediatamente alla matrice teatrale; falsetti, voce impostata da attore ed effetti vocali sembrano però un inutile contorno, un “virtuosismo” fine a se stesso che non intriga né incuriosisce. L’unico accenno alla pittura riscontrato pare essere quello di “Alba ’72” (“impressioni di Monet si sciolgono”), dove quest’ultima viene utilizzata come mero inserto di citazione, niente di più niente di meno. Infine, ci si ispira alla letteratura per quanto riguarda il nome del gruppo e il titolo dell’album.
Quello de La Fattoria degli Animali è un ep pop rock (frammentato da sonorità che guardano ai Pink Floyd ed ai Sigur Rós) dove il basso gioca da protagonista e la batteria scandisce ritmi serrati, completati dalle chitarre e dalle tastiere; il tutto unito dalle voci e dai cori. L’ispirazione è quella della musica rock anni ’60 e ’70 soprattutto nel lungo intro del basso in “Pandemia” oppure quello dello scorrere delle lancette di “Signor Smith” che sembra ricordare il tintinnare delle monete di “Money” dei Pink Floyd (lungi da una qualsiasi volontà di parallelismo con quest’ultimi), gruppo che costituisce il background musicale della band. Ci si sposta poi verso sonorità più frivole, come il ritornello orecchiabile di “V.I.O.L.A.”, brano che parte con un ritmo ben scandito di basso e batteria raggiungendo ritmi molto più accellerati proprio nel ritornello, che risultano, però, poco raffinati all'ascolto; l’atmosfera si addolcisce con la chitarra malinconica di “Alba ’72” concludendo con “Pandemia”, ultima e forse meglio riuscita traccia che trova il suo punto di forza nell’aver saputo sviluppare un buon percorso musicale: si parte dalle atmosfere distorte del basso, per poi attaccare con la batteria e la voce che raggiungono sonorità decise a metà brano, per poi sconfinare in atmosfere antiche, quasi ancestrali dove la voce sussurrata gioca un elemento fondamentale nel suo diventare puro elemento sonoro all’interno del pavimento musicale (ricordando i Sigur Rós).
La Fattoria degli Animali ha il suo punto debole proprio su quegli intenti concettuali sui quali si basa l’intero ep. Le sonorità sembrano, a volte, eccessive e grossolane, soprattutto nei ritornelli (“V.I.O.L.A.” ); si dovrebbe insistere maggiormente sulla linea strumentale che (come si è detto circa “Pandemia”) potrebbe essere un vero e proprio punto di forza se la si arricchisce con una maggiore ricerca e raffinatezza musicale. La concettualità lasciamola a Duchamp.
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La recensione La Fattoria degli Animali di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-05-27 23:30:00
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