Un disco lo-fi che riesce a mostrare le proprie caratteristiche nonostante la poca produzione alle spalle, scoprendo i lati più ricercati e ambiziosi
Saint Huk, progetto solista di Livio Lombardo, ci presenta qui il suo "Broken Branches", un prodotto lo-fi che riesce ad arrivare, mai per vie scontate, all'attenzione dell'ascoltatore che si troverà ben presto rapito da un sound gelido e intorpidito.
"Broken Branches" ha chitarre pungenti e ipnotiche, un sound post-rock forte e sfacciato che non si vergogna a scivolare, subito dopo, nel velato e mistico pop-folk di "Christine" e la sua slide guitar languida e morbida a rispecchiarsi nelle impalcature sonore mai troppe manieristiche e, per questo, ancora più belle. "The Deepest Sea" (brano che avrebbe funzionato maggiormente da strumentale) raccoglie in sé contaminazioni ben diverse da quelle che ci saremmo aspettati, con una febbrile intro beatlesiana potente a precedere "Hidden Words", episodio che si fa furbo di strutture blues, con i suoni appena pizzicati in modo ammiccante, fino a trasformarsi in materia più formosa e decisa, mentre "Hangover" si mostra in tutta la sua nudità, scarna e fragile senza abiti a coprirla o abbellirla, ed è proprio così che ci piace. Il vento torna a soffiare inesorabile con "Flower", per farsi poi elegante e sensuale in "Memories From A Grotesque Landscape", evocativa come già il titolo del brano, fino a placarsi infine in una brezza più distesa, ma pur sempre fredda, con "Reef".
"Broken Branches" è, come già detto inizialmente, un prodotto lo-fi, un disco che riesce a mostrare le proprie caratteristiche nonostante la poca produzione alle spalle, scoprendo i lati più ricercati e ambiziosi di un progetto che, plasmato e curato a dovere, potrà sicuramente avere un riscontro positivo e una strada più ampia da percorrere. Per adesso ci accontentiamo così, cullati da questi 9 brani ipnotici.
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La recensione broken branches di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-09 09:25:00
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