Cinquantadue minuti di plagio consapevole dei fratelli Gallagher.
Ci sono molte persone che rimpiangono il passato, stanno lì immobili senza mai andare avanti davvero e questo atteggiamento è spesso sinonimo di non miglioramento. My Name is Antho è proprio questo che fa, rimanere attaccato con le unghie e con i denti al brit pop tipico dei gloriosi anni ’90, quelli fatti dalle battaglie mediatiche fra band portavoce di uno stesso movimento e dalle guerre combattute a colpi di uscite sincronizzate di singoloni. Peccato però che adesso siamo nel 2015 (2014 se consideriamo l’uscita di questo album), di anni ne son passati diversi e di cose ne sono cambiate altrettante.
Non è difficile comprendere gli idoli di Antonio Pugliese, chiari come il sole già a partire dall’iniziale “I just trying to make a better day”, con le chitarre a ripetersi in melodie scanzonate tipicamente brit pop, leggere e di facile memorizzazione e che vanno perciò, inevitabilmente, a confondersi con brani sentiti e risentiti a non finire. Come nel gioiellino che è "Definitely Maybe" si parla qui di giovanilismo e tutto ciò che ne concerne, compreso quel live forever impresso nella mente di molti di noi e va da sé, quindi, trovarsi difronte a brani acustici tutto cuore e spleen come “Everything’s for you”, “It’s another day” e “In my pocket”, o anche dinanzi a chitarre più vaporose e distorte à la Glasvegas di “Was over” e “Please seek me around”. Certamente non mancano le sorelle (il)legittime della ben nota “Songbird”, come la già citata traccia d’apertura e ancora “Blurry teens” o “You’ll never forget me”, così come risulta scontata la presenza di assoli presi dal repertorio di Noel Gallagher e spalmati in episodi quali “I’m rolling over” (solo a me i titoli ricordano qualcosa?) e “The morning calls”.
Potrei anche continuare all’infinito con questo giochino di associazione fra i brani di questo “My Name is Antho” e i corrispettivi ben più famosi, ma non ha senso dilungarsi ulteriormente, se non per aggiungere poche ultime cose che peggiorano la situazione, ovvero la smodata lunghezza del lavoro (cinquantadue minuti) affiancata da una totale mancanza di personalità e un’esagerata emulazione che rasenta il limite del plagio consapevole. Va bene essere amanti del brit pop, ma sono certa che, se i fratelli mancuniani sentissero questo disco, non ne rimarrebbero affatto contenti, così come è successo a me.
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La recensione My Name Is Antho di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-05-25 00:00:00
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