Apes On Tapes Escape From Primate Island 2015 - Elettronica, Ritmi

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Non solo un comune viaggio intergalattico: gli Apes On Tapes ci portano nei livelli arcade delle sale da gioco

"Pitagora’s Bitch", la penultima fatica deli Apes On Tapes, era un disco che metteva in fila sei tracce incalzanti avvalendosi di collaborazioni rilevanti. Se da una parte segnava il ritorno in grande stile del trio, dall’altra testimoniava un’influenza proveniente dall’ambiente tedesco, Modeselektor in primis.
"Escape From Primate Island" di certo non volta le spalle a questo flusso elettronico, ma evolve approfondendo più settori. Il ruolo di mc di Dyami è meglio integrato nel progetto (si ascoltino "At The Speed Of Darkness" o "Cyclic"). I ritmi hip hop catturano l’attenzione già nell’introduzione "Leisure Suite Ferries", ma sono davvero geniali quando suonano un po’ spezzati come in "Polaroid&Parkingson’s", forse la traccia meglio riuscita perché, priva di una vera e propria struttura, procede sperimentando, come a tastoni, tanti ritmi intrecciati.
Un apparato tribale, invece, funziona bene come atmosfera implicita per tutta la durata delle undici tracce, per questo non stona quando emerge con forza, come la punta di un iceberg, in "Crusadness", per assumere toni che vanno dall’afro a un certo richiamo indiano. L’album non stanca anche perché ogni canzone vive di una propria struttura: si va dalla già citata "Polaroid&Parkingson’s", a melodie più pop come "Plasmon", a ritmi più hardcore come "Monkey On A Donkey". Infine ci sono strutture circolari che, come vortici, catturano l’orecchio per rilasciarlo solo alla fine, catapultandolo nelle prossime tracce come uno scivolo lungo e piacevole: è il caso di "Epidemic!", un viaggio galattico al pari di "Cattlestar Galak-Tical" del precedente ep.
L’idea è quella di far entrare l’ascoltatore in un gioco arcade degli anni ’90, con la grafica in 2D e i pixel a quadratoni che suggeriscono la forma del personaggio. In effetti, se le strutture variano, i ritmi si scambiano, addirittura i generi si mischiano, la caratteristica che più accomuna le tracce dell’album è proprio l’idea di creare un tragitto a ostacoli da percorrere. Il ritmo, che anche nelle canzoni più lente rimane incalzante, fa immaginare una di quelle gare di macchina nelle sale da giochi, oppure un livello nel magico mondo di Super Mario.
Lungi dall’essere solo nostalgia, il richiamo ai videogiochi vintage rappresenta sia una fuga dal presente, sia un viaggio più che intergalattico, nelle pieghe della fantasia già percorsa, perciò imprevedibile e molto più creativa.
La traccia che chiude l’album, "Final Fractally", dopo la chiassosa collaborazione con Fricat, è sottovoce, come in sordina. Forse sono i titoli di coda dopo aver finito alla grande il percorso ludico, oppure è il lento addio di chi non se ne vuole davvero andare.

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La recensione Escape From Primate Island di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-07-18 09:00:00

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