Continua la devozione alla scena new wave ottantiana dei Fata. Con qualche fremito in più.
Della loro devozione (anche estetica) alla scena new wave ottantiana i Fata non hanno mai fatto mistero. Il loro terzo album non fa che ribadire il concetto, con candore. “Nichilismo artificiale tascabile” dispensa dieci brani (+ bonus track) che non si allontanano poi molto dalle produzioni precedenti se non per un maggiore inasprimento delle chitarre e delle elettroniche portanti (“N.A.T.”, “L’arte del niente” e “Il suo male” su tutte). Si attenua, quindi, il richiamo alla new wave italiana di litfibiana memoria e s’irrobustisce l’intreccio tra la scena electro-wave/future-pop nordeuropea e certo stadium rock dalle tinte cobalto di U2, Simple Minds e Placebo.
Per il resto la ricetta del combo carpigiano non tradisce le aspettative tra radiofonici muri di suono, goticismi metropolitani, dancefloor piaciona, svolazzante (auto)citazionismo e patinata melodia all’italiana orchestrata dalla ormai inconfondibile voce renghiana di Roberto Ferrari, mai dissociata dalla cornice sonora e tematicamente sempre agganciata alla (più patologica) contemporaneità (il titolo, da solo, dice tutto).
Tra gli episodi più impattanti la possente “Quel poco che siamo”, che sfodera tastiere celebrative à la Simple Minds, “La Politique”, satura di tossine curiane e sacrosante reprimende (“vedo idioti, avidi e ipocriti che urlano in televisione, pronti ad adeguarsi ad ogni situazione”), la conclusiva “Gotica”, che ruba spudoratamente effetti e pedaliere agli U2 di “Achtung Baby” e quella “Fragili meccanismi” che, meglio delle altre, incarna al contempo l’essenza musicale e concettuale dell’album (“Sono spaventato dalla staticità, allo stesso modo, dal cambiamento”).
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La recensione Nichilismo Artificiale Tascabile di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-09-07 08:00:00
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