Staccarsi dal nido dei riferimenti per spiccare il volo individualmente potrebbe portare il prossimo album ad un livello successivo.
Il nuovo lavoro del Piccolo digitale mondo antico è, un po' come il precedente, interamente giocato sull'ossimoro presente nel nome del gruppo. Ancora una volta i ricordi malinconici del passato si trasformano nei problemi che affliggono i nostri giorni, cambiati ma in qualche modo rimasti della stessa portata, qui messi in musica coi mezzi di sempre. Lo strumento cardine è un cantato-non cantato-urlato-parlato, che non può non ricordare i Massimo Volume e il Teatro degli Orrori, oppure la penna di Vasco Brondi. Tra rabbia e intensità, in bilico tra dramma e post-rock, e attraverso un percorso che ha già fatto la fortuna e il marchio di fabbrica di molti, il disco prende direzioni diverse. In “Canzone della superficie” viene scomodato Gaber, mentre “Rosso” è un moto contro cellulari e centri commerciali, dove solo vino rosso, sigarette e tradizioni riescono a portare brevi e reali attimi di felicità. Anche il “Capodanno” diventa una questione di scelte sociali e musicali che scatena una guerra ideologica interna ed inevitabile. Staccarsi dal nido dei riferimenti per spiccare il volo individualmente potrebbe portare il prossimo album ad un livello successivo.
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La recensione La Danza del Millepiedi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-16 09:00:00
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