Un buon disco sostanzialmente, ma avremmo preferito una tracklist più asciutta.
""Tango Kalashnikov" contiene dieci brani categorizzabili in una visione avant rock senza mezze misure, dando sfogo al furore degli strumenti accompagnati da parti cantate o recitate, facendo della potenza non solo un concetto sonoro ma qualcosa di più intimo". É con queste parole che gli abruzzesi Oslo Tapes descrivono la loro seconda prova sulla lunga distanza.
Sono ancora indeciso - e probabilmente la questione rimarrà irrisolta - se dipende da me il fatto di non riuscire a mettere a fuoco queste canzoni oppure sia una questione intrinseca di questi 50' di musica. Che, a dirla tutta, sembrano partire benissimo: l'iniziale "Golgota" é una bella sfuriata che quasi lambisce l'hard-rock senza però dilungarsi più del dovuto. La successiva "Bon départ" riprende invece atmosfere tooliane, pagando un dazio accettabile in termini di ispirazione. Ancora meglio "Gestalt", l'episodio che più avvicina la band alla forma canzone, collocandola nei pressi degli Smashing Pumpkins. "Iceberg" cambia nuovamente le coordinate, appoggiandosi al featuring vocale di Umberto Palazzo su un tappeto sonoro di chiara matrice post-rock. L'esperimento funziona e affascina l'ascoltatore, probabilmente perché anche il testo ha, stavolta, una funzione tutt'altro che riempitiva ("La distanza é fredda come un iceberg / la delusione é una massa incombente come un iceberg / la privazione é tagliente come un iceberg").
Con "Ossa" si ritorna a picchiare duro, grazie ad una ritmica serratissima e ad un altro testo di grande presa ("Steso nella fossa / Carne senza mossa / Spaccare mani ed ossa"). Da qui in poi, però, diventa difficile arrivare alla fine senza provare un briciolo di noia, visto e considerato che la formazione opta per una serie di canzoni che hanno l'aria di riempitivo: "Simmetrie", "Ellissi" e il noise di "Metelkova" danno l'impressione di essere passati dallo status di provino a quello di traccia su disco con troppa nonchalance. Bastava affidare la conclusione alla title-track (anche "Nord", in fin dei conti, poteva essere sacrificata), una lunga digressione in cui mescolano bene sussulti noise e strutture post-rock, per lasciare un buon ricordo di questo lavoro.
Non che sia da bocciare, ma avremmo fatto volentieri a meno di 1/3 dei brani. Comunque bene ma si potrebbe fare meglio.
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La recensione Tango Kalashnikov di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-05-03 09:00:00
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