I Rome in Monochrome fanno strame dei maestri del doom e del metal per ibridarne i codici con generi contigui come il prog o il post-rock.
Se H.P. Lovecraft seppe, in letteratura, abitare e dare forma alle più oscure trame dell’inconscio umano, lo stesso dicasi, nell’ambito delle sette note declinate in versione doom e post-metal, per band quali Draconian, Clouds o Empyrium(soltanto per restare nel presente). Che il nord europa e la Gran Bretagna fossero l’empireo di formazioni che del Nihil e dell’Horror Vacui hanno fatto il loro manifesto programmatico e di certa letteratura gotica il proprio testo sacro, è cosa arcinota, meno noto ai più è forse il fatto che anche nel nostro paese operino ampie frange di musicisti che sanno mirabilmente coniugare suggestioni mitteleuropee a genuinità tutta nostrana.
È il caso dei Rome in Monochrome, neonato quintetto romano che prende le mosse dall’unione di membri provenienti da svariati progetti del pullulante sottobosco capitolino (Degenerhate, To the End, Post Ghosts). Gianluca Lucarini (chitarra solista/voce), Valerio Granieri (chitarra/voce), Marco Paparella (chitarra), Riccardo Ponzi (basso) e Stuart Franzoni (batteria), fanno strame dei maestri del doom e del metal per ibridarne i codici con generi contigui come il prog o il post-rock di matrice più epica ed heavy, consegnando alle stampe queste tre tracce d’esordio che sono già di per sé un’ottima dichiarazione d’intenti.
Apre “Karma Anubis”, mini-suite che in oltre sei minuti mostra la polimatericità della quale sono costituiti i RIM: chiaro/scuri che si rincorrono e si fondono l’uno nell’altro come nel più classico simbolismo taoista. “Spheres” prende a prestito suggestioni orientaleggianti per poi farsi compiuto tributo, ma del tutto onesto e personale, ai King Crimson di “Discipline”. Chiude “Endmusic”, mesmerica coda strumentale che, tra droni di chitarre, echi e riverberi, offre un’ulteriore sfaccettatura di questo interessante progetto. E come diceva l’amico Fritz: “Perché esista arte, perché esista un qualsiasi fare e contemplare artistico, è indispensabile un presupposto fisiologico: l'ebbrezza”. Ebbrezza dalla quale, nella sua accezione più nobile e alta, i cinque musicisti romani dimostrano di essere guidati.
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La recensione Karma Anubis di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-04 09:00:00
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