Una seconda prova non particolarmente riuscita per il cantautore Francesco Vannini
Francesco Vannini è un cantautore alla seconda prova dal titolo “Tornando a noi”, quasi a volere riallacciare i rapporti con un pubblico che lo ha conosciuto sui palchi dove si esibisce e grazie anche alle copie vendute del suo primo ep dal titolo “Dinecessitavvirtù”. Le tracce che compongono il lavoro sono una manciata di momenti - undici per la precisione - una raccolta di istantanee sulla realtà a cui l’autore è più vicino e sensibile. È una tipica antologia di situazioni variegate nel carattere e nel tono a cui ci hanno abituato le troppe “falangi armate” di “diaristi con una chitarra”.
Con due accordi due, c’è chi scrive capolavori che nascono da visioni personali di una assoluta originalità e chi invece, come Francesco Vannini, sembra essere guidato da un eccesso di ambizione, disilluso dai risultati.
Non è sufficiente l’intervento di Kuzminac, ad esempio, a valorizzare una canzone, “Il viaggio”, che senza il timbro caldo del musicista e autore noto per una intensa stagione di successi risalenti a 35 anni fa, si sarebbe arenata dopo poco tempo sul rollìo di una barca spinta a fatica dalla più totale bonaccia dei venti.
In questo album non si avverte calore, entusiasmo, passione, trasporto, né da parte della band che accompagna Vannini, né da parte dello stesso autore che di strada sembra ancora da doverne fare, e tanta.
Troppi i luoghi comuni che infarciscono i suoi testi, mentre la musica è l’ultimo dei problemi a cui invece si aggiunge l’incedere lamentoso di una “non voce” che aggiunge fatica a un lavoro che non ha centrato il suo obiettivo.
Tuttavia, nel quadro appena descritto, emergono tre esempi di una direzione che merita di essere premiata e suggerita sia all’ascoltatore che all’autore. Sono “Verde assenzio”, “Qui” e “Megalomania”.
In “Verde assenzio” Vannini sa raccontare il mistero di un momento affettivo catturato in una istantanea e trasferirlo in una dimensione pop, senza l’ambizione di renderlo universale né di immalinconirlo in un ritratto da educazione sentimentale. Sono post it da cantastorie, dove i limiti delle soluzioni adottate diventano la regola per scrivere un diario musicale che sorvola come una carezza un’età terribile per i rapporti tra uomo e donna.
“Qui” è un blues di sapore psichedelico che incornicia una voce timida su una canzone dalle premesse non originalissime, ma che nel contempo fa rimpiangere una produzione più generosa e meno frenata.
Infine, “Megalomania” ha un'idea interessante, ispirata all’uso che Lucio Battisti faceva del R&B per costruire molte canzone del suo prezioso repertorio.
Ma anche qui Vannini non convince per un mancato trasporto dell’organico strumentale a cui nel migliore di casi va riconosciuta l’abilità nel “coprire” l’ossatura della canzone, senza restituirle però credibilità, identità. Avrei preferito un errore di batteria e qualche evidente incertezza allo strumento, come quelli dei giovani futuri PFM che accompagnavano Battisti all’epoca, piuttosto che un vuoto di tensione facendo della musica.
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La recensione Tornando a noi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-11 00:00:00
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