Me.go agli albori dell'indie britannico
"The Naked Brunch", opera prima della band romana Me.go, presenta alcuni aspetti di un britpop dalla formula meno scontata e autocelebrativa rispetto alle produzioni più classiche.
Difatti, fin dalla prima traccia “Nemo”, figlia di un Paul Weller nettamente ripulito dal punk ’77, si crea senza troppi compromessi commerciali, un gioco di beat accattivante ben accompagnata dai cori sgranati dei Kaiser Chiefs. L’altra faccia di questa ricerca formativa di indie revival, arriva attraverso la canzone “Noses”, buona riuscita di un rifacimento estetico dei Modest Mouse nel periodo di Johnny Marr (chitarra storica dei The Smiths). Un sentiero laterale di un britpop strutturato a dovere in questo questo percorso che condiziona piacevolmente l’atmosfera di “Sharks”. Canzone che mai come in questo caso, per il suo forte sapore scanzonato ma al contempo malinconico, potrebbe appartenere tranquillamente a un qualsiasi cantautore di matrice folk britannica.
Dirottati dalle influenze di Manchester a quelle di Londra, il gruppo di Roma sfocia così nella successiva “Bugs”, declinata vocalmente allo stile dei Madness. Medesima linea che ne determina ironicamente il pezzo più singolare di The Naked Brunch: “Moschito”. Canzone composta su un apprezzabilissimo stile di marching jazz riportato in auge in più occasioni dallo stesso Pete Doherty, culminando alla più sincopata “Cup”.
Bravi nelle melodie e nella produzione, talvolta un po’ sbilanciata tra la voce poiché non sempre valorizzata dal resto del mix e la band che non imprime mai una vera e propria scossa all’album. Pur mantenendo un buon gusto nei pezzi, il trio fatica a spezzare l'andamento piuttosto uniforme, dove arrangiamenti più ispirati e strutture più pungenti avrebbero giovato alla resa finale in modo ancora più brillante e convincente di un esordio tutto sommato positivo.
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La recensione The Naked Brunch di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-30 00:00:00
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