I Vellutata Sincronica sono tre ragazzi che studiano a Perugia. Perciò si definiscono una band umbra. In realtà sono un ragazzo umbro, uno pugliese e uno lucano. La vera mente del progetto è proprio lui, Giuseppe Mazzeo, alias Marzio Veno da Rionero in Vulture, paesino di 13.000 abitanti nel Potentino, circondato da laghi, monti, boschi e conventi. Tanta bellezza non si accompagna spesso a vita facile e rispetto della diversità, e questo strano ragazzo innamorato del dark, di David Bowie e Brian Molko non deve essersela passata proprio liscia, da quelle parti. Così dedica il lavoro, tra gli altri, a “le persone che non hanno creduto in m.v.” e alla “volontà come reazione”. Bravo. Stima e simpatia.
Per di più, come si sarà già capito, il nostro ha una passionaccia per il glam meno “lustrini & pajettes” e più sostanza, com’è chiaro dallo pseudonimo androgino “Marzio Veno” (Marte e venere”) che omaggia il più illustre marziano della storia del rock: Ziggy Stardust & the Spiders from Mars. Un fratello in Bowie. Benissimo.
Fatto sta che i tre scurissimi brani che compongono il cd dall’elegante copertina viola, trasudano sì disperazione e malinconia, ma non vanno al di là del compitino, raggiungendo risultati che possono ricordare quanto già dato negli anni 80, dagli storici Bauhaus (altri seguaci del culto di Marte…) e Christian Death. Per questo, il lavoro dei Vellutata Sincronica può anche essere accostato a quelli che dei Christian Death furono la versione italiana, tanto da meritarsi la loro produzione, ovvero i romani Carillon del dolore, come provano anche i testi intrisi di esoterismo.
Tutto chiaro, no? “AnHendoglangedemostr.” (ovvero “una dimostrazione di Hendoglange”, il genere che i nostri un po’ scherzosamente pretendono di aver inventato e il cui nome risulta da "Hedonism+endo" e "Grunge+glamrock") è lavoro perlomeno immaturo, appiattito sulla falsariga dei maestri e che si ritrova a percorrere peraltro strade già battute dagli epigoni, consapevolmente o no. Si attendono nuove prove, più personali, con l’augurio che, come ora, il grunge figuri solo nell’acronimo e non compaia mai a funestare la musica dei tre.
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La recensione AnHendoglangedemostr. di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-06-12 00:00:00
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