Bottin I love me vol. 1 2004 - Funk, Elettronica, Lounge

I love me vol. 1 precedente precedente

Non è uno che scherza, William Bottin. Dal suo esordio del 2002 come Bluecat sono passati due anni in cui è comparso in una ventina di compilation lounge/chill out, ha firmato le musiche degli spot di Benetton, Motorola, Avis, Playlife, Sisley e Diesel fra gli altri, è stato consulente creativo presso Fabrica, centro di ricerca sulla comunicazione creato da Oliviero Toscani, ha collaborato con il regista bosniaco Danis Tanovich (quello di “No man’s land”), ha suonato al festival di Cannes, ha collaborato con Sergio Caputo, vecchia gloria dell’easy jazz italico anni 80. Non male, vero? Poi ha incontrato Lucio Dalla. Con lui ha arrangiato ed eseguito tutti i brani del vecchio, splendido disco “Automobili” per il cinquantenario della morte di Tazio Nuvolari, e ora sta scrivendo lo spettacolo teatrale “Speak truth to power” per la fondazione Kennedy. Insomma, tra il musicista bolognese e quello padovano è stato amore (musicale) a prima vista, tanto che Dalla si è sbilanciato definendo Bottin “un bel libro che non hai ancora letto”.

Così, il secondo lavoro di Bottin, sfoggia due colpi gobbi: la presenza di Dalla come ospite, e l’incisione della versione dance di “Lunedì cinema”, da 25 anni sigla televisiva di Raiuno, e uno dei più bei brani di Dalla, mai dato alle stampe. Col nuovo arrangiamento in realtà cambia poco, ma quel poco rende veramente hype il pezzo e chiarisce la grandezza oggi appannata di Dalla. Già varrebbe il disco.

Che però non vive solo di questa prestigiosa collaborazione. Ma, anzi spicca per vitalità in una produzione – quella chill out – oggi tremendamente piatta. Senza innovazioni tremende, il disco è vivo, vitale, gradevole. Come percorrere una strada già battuta mille volte notando particolari trascurati o dimenticati. Come la rugiada al mattino nel giardino sotto casa. Come un innesto inedito nel roseto preferito. Così, ad esempio, “Mind trio on a stick” può suonare come una classica introduzione al disco. Le prime note suonano di già sentito e ricordano un po’ i Delta V. Ma poi il pezzo si sviluppa toccando accenti che ricordano il Morricone di “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Qui compare il recitato femminile francese, che sposta il tutto su climi da “Buddha bar”. Nel complesso, un bell’esperimento, più complesso di quello che appare a un ascolto superficiale. Ogni brano, come da manuale, svolge una declinazione della dance: c’è la ritmica quasi hip-hop old-style che poi si converte in eleganti passaggi di piano jazz (“If I had a Hi-fi”), climi ora funky ora esotici ma sempre ballabili ed energici, sorretti da bassi potenti (“Eleven”, “Blaze of light”), ricordi trip hop (“Cloudy”), acid jazz (“So innocent”), contaminato con blues, soul ed etnica (la riuscitissima “Party trap”), o più classicamente con l’r’n’b (“No lemon no melon”), il latino che si fa elettronica alla Herbie Hancock (ascoltare per credere “Electrica Cumbia”). Si finisce con la dalliana “Rio noir”. In definitiva, un disco interessante, che sfugge al rituale di noia di tanti suoi simili e piazza due o re brani notevoli, dimostrando che anche chill out & dintorni possono avere ancora qualcosa da dire, quando si ha ancora il coraggio di osare, sperimentare, contaminare.

---
La recensione I love me vol. 1 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-07-06 00:00:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia