Confesso che quando ho letto, a suo tempo, prima di ascoltare il disco, le succinte note biografiche degli SM58 Lesionati, mi sono preoccupato e non poco. Un gruppo hip hop della provincia di Roma. Mi sono subito venuti in mente er mitico Piotta e i grandi Flaminio Maphia. Aho’, bella rega’, eddaje. Un incubo. Poi ho pensato che quelli non fanno musica, ma cabaret e un cabarettista non avrebbe motivo di chiedere una recensione a Rockit. Così mi sono rincuorato. E in effetti gli SM58 Lesionati sono seguaci, si, della scena hip hop romana, ma di quella vera, di tutti quei personaggi e quelle formazioni nate in questi ultimi anni, che hanno provato e provano a fare le cose sul serio, a loro modo, come ad esempio Colle Der Fomento, Cor Veleno, Ice One. Frankie Hi Nrg, un gradino più in alto, fa storia a sé e mettiamolo da parte.
Certo, io continuo a nutrire forti dubbi sulla bontà dell’hip hop italiano in generale, su quanto sia riuscito ad esprimere in questi ultimi anni, soprattutto in termini di originalità, inventiva, idee. Continuo ad avere l’impressione che ogni disco sia uguale all’altro, che si cavalchino sempre gli stessi stereotipi, scimmiottando per lo più quello che viene prodotto negli States. Di dischi hip hop italiani interessanti, innovativi, da conservare con cura ne ricordo non più di una manciata, tra cui “SXM” dei Sangue Misto (del fu allora Neffa) e “Odio pieno” dei Colle Der Fomento. Forse troppo pochi. Forse è un problema mio.
Comunque questa autoproduzione degli SM58 Lesionati è senza dubbio più che dignitosa, pur seguendo, come è prassi, il solito canovaccio fatto di basi campionate qua e là e testi che si muovono sempre dalle stesse parti: la voglia di potersi esprimere a proprio modo (“Colpi di microfono”), l’appartenenza, la fedeltà alla linea, il sistema da cambiare, ecc. Fortunatamente senza mai risultare troppo banali. L’unico appunto da muovere è sulle basi, alcune davvero troppo elementari. Per il resto il disco fila via liscio, con qualche brano buono (“Ritratto di me stesso”) e qualcuno meno buono (“Fedeli alla linea”), nel complesso senza infamia e senza lode. Un gruppo da consigliare agli appassionati del genere e una loro frase che gli possa essere di buon auspicio: “Più in alto di così, più in alto / più in alto di così, più in alto di me stesso sopra il palco” (da “Ritratto di me stesso”).
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La recensione Colpi di microfono di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-07-21 00:00:00
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