La sensazione che si stia ascoltando qualcosa di valido. La conferma che arriva immediata, come un'ondata di qualità cristallina. Il rammarico, infine, di non avere che 4 pezzi con cui allietare spirito e cuore. Perché il rock dei Melon Rouge è accattivante, parte da orme battute per depositare tracce sapienti e ispirate, varcando, in ultimo, una landa ideale: se dispensa melodie, giammai ci sguazza. Si presenta aggressivo, ma poi ti carezza; sicché non trovo aggettivo migliore di teneramente ruvido. Cominciando dalla front woman/bassista Marta Argenio, il cui cantato spigoloso - davvero poco friendly - sorprende per padronanza della lingua straniera regina, con accenti a tratti marcatamente slang, tanto da poter ben figurare, complici i suoni compatti di due preparati compari d'avventura quali Maurizio Stellato e Ivo Parlati, in qualche happening musicale fuori porta … diciamo pure d'oltreoceano. Stilla grinta e autorevolezza, l'ugola della Argenio, l'impressione quella dell'urgenza, in primo luogo, di distinguersi dal mucchio. Se devo indicare un'artista con tonalità a lei affini è Courtney Love: una casualità, niente di più, visto che ogni timbro vocale è innato e va plasmandosi strada facendo, sicché difficilmente può scimmiottare altrui corde interiori. Per cui tengo a ribadire che la performer nostrana non vo' fa' l'americana, ma è come se di questa cultura, ecco il prodigio, fosse una figlia naturale. Passando alla musica (e direi garage rock la misura prediletta), il trio campano ripesca sapori di ieri dal retrogusto Pretenders e Patty Smith ("The real thing"), umori color della ruggine in stile Hole più radicali ("Your brush is drawin' on me"), una manciata di West Coast seventy - sixties ("Good sensation"), i Beatles elettrici di fine incantesimo ("Heaven for disaster"), su cui aleggia, non a caso, "Hey Jude". Nulla di male, per carità, giacché tutto è stato inventato (posso dirlo ?), o quasi. Al contrario, i Melon Rouge accolgono una ricca gloriosa tradizione e la rielaborano con stile personalissimo, conferendovi respiro, ripetiamo, internazionale. La stessa febbrile attività live e una serie di applaudite performances, stanno lì a dirci i consensi che va raccogliendo la band. Una bella realtà, fidatevi. Anzi, per dirla con loro, una real thing.
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La recensione ep di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-08-19 00:00:00
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