Forelock "inna Babylon" ci danza con grande maestria
"Come stai?" ci chiedeva qualche tempo fa un baffuto e poco conosciuto Dario Brunori; "Wagwan?" ci domandano oggi Forelock e gli Arawak, mettendoci ancora una volta di fronte alla spinosa frase d’esordio del mondo, seppur nel suo corrispettivo giamaicano. Il reggae italiano a una domanda del genere risponderebbe senz’altro: "Benissimo, grazie" e l’esordio del Top Singa sardo per La Tempesta Dub ne è l’ennesima conferma.
Voce di punta della famiglia Arawak e parte attiva del progetto Dubfiles, con quest’album di debutto Forelock tiene alta l’asticella del ritmo in levare made in Italy, contribuendo ad assottigliare ulteriormente la distanza che separa lo Stivale dalla Giamaica. I fan dell’Alambic Conspiracy Studio avranno insomma di che rallegrarsi, dal momento che “Zero” è un disco in perfetta sintonia con l’anima reggae dell'etichetta di Pordenone.
L’efficace apertura di "Original Style", però, ci tiene subito a precisare che nonostante l’influenza di Paolo Baldini e compagni, è lo stile personale del collettivo di Sassari quello che presto imparerete a riconoscere ed apprezzare. La conferma arriva un attimo dopo con "Rasta Say No" e "Dem Fi Know", le due tracce-manifesto dell’album. Qui il cantato drammatico e solenne di Forelock ci guida a suon di chorus accattivanti attraverso i temi simbolici della cultura rastafariana, accompagnato per l’occasione da un arrangiamento minimale ed elegante.
Dopo la chicca di "Raverz" - in cui Forelock & Arawak in compagnia del leader degli Steel Pulse rifanno proprio il brano della celebre reggae band britannica – "Global Backfire" e "Be My One" ci informano che la band sarda se la cava benissimo, rispettivamente, sia con le tematiche sociali che con le canzoni decisamente più estive. Il punto di forza, manco a dirlo, è dato ancora una volta dal bell’incontro tra le melodie efficaci dei ritornelli e il background musicale sempre molto equilibrato.
Volendo prendere in prestito uno dei versi più noti dei Mellow Mood, direi allora che Forelock "inna Babylon" ci danza con grande maestria, così come la buona pronuncia in patois giamaicano contribuisce senz’altro alla riuscita del disco.
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La recensione Zero di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-06-15 10:00:00
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