A distanza di due anni dall’ottimo cd-r autoprodotto “Nel bambù”, Alberto Muffato si trasforma in Artemoltobuffa ed esordisce ufficialmente con un cd prodotto dalla Aiuola dischi. Immagino che a questo punto della recensione già qualcuno abbia storto il naso, ma tant’è. Non posso certo parlar male di un disco solo perché c’è sopra il nome questa etichetta. Tanto più che il disco è molto bello. L’unica ragione che avrei per parlarne male è che la registrazione cristallina ha fatto sparire del tutto la bassa fedeltà del cd-r. Più che discografici, questi di Aiuola mi sembrano un’impresa di pulizie. Dico, lasciare un po’ di fruscio, una distorsione, una dissonanza, una stecca… no? No! Vabbé, fa lo stesso. Il disco è venuto bene comunque.
Non so perché ma durante i primi ascolti ho pensato spesso a Franco Battiato. In realtà, a parte la rima dei cognomi, Battiato e Muffato hanno poco in comune. Quello che ho percepito è una simile attitudine a sviluppare un discorso che sia al tempo stesso intellettuale e popolare, una musica melodica che sappia elevarsi al di sopra della banalità da classifica e testi che sappiano giocare con assonanze e accenti senza per questo risultare stucchevoli. In realtà le linee vocali rimandano alla tradizione melodica italiana degli anni ’60, più precisamente a Gino Paoli, come recita il comunicato stampa. Inizialmente pensavo si trattasse di una boutade, ma ascoltando attentamente il disco mi sono accorto che si tratta effettivamente di un ottimo paragone. A tratti mi viene da pensare anche a Samuele Bersani (o come diavolo si chiama), ma mi sembra un po’ offensivo, anche perché sull’altro lato dell’equazione che determina lo stile di Muffato c’è gente del calibro di Sparklehorse, Low, Stereolab…
Quella stessa produzione che leviga i toni più ottundenti è al tempo stesso la principale responsabile della riuscita di questo disco. Ogni brano è infatti definito da un continuo cambiamento di timbri sonori che fanno scorrere l’ascolto nel modo più fluido senza stancare mai. D’altro canto gli arrangiamenti alternano alle consuete chitarre acustiche anche strumenti quali xilofoni squillanti, tastiere analogiche, e percussioni delicate, il tutto utilizzato in funzione espressiva o, per meglio dire, romantica, perché questo è il tono del disco. Ma è soprattutto la qualità media delle canzoni a impressionare. Del resto la scelta dei singoli episodi è stata molto attenta e anche la riproposta di brani presenti sul cd-r (“Lacrime a biro”, “C.E.Gadda e l’estate” e “Il mio nome è un lago” su tutti) è particolarmente felice e dimostra come un lungo affinamento sia una strategia migliore di una sovraproduzione indiscriminata.
Detto questo, adesso vado a rifarmi le orecchie con un po’ di noise giapponese.
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La recensione Stanotte/stamattina di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-09-30 00:00:00
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