Il morbido stridìo del lo-fi di I Robot
I Robot è un progetto che incontra appieno le ragioni della melodia alternative italiana, dove il vezzo psichedelico non è la missione altresì ne è parte dell’anima. A ravvivare il suono completamente ovattato, ci pensano gli archi ben piantati nel primo brano, quasi come se la voce potesse danzarvi adagiandosi sulle liriche cupe dei Cure in “Come posso migliorare così?”.
La lynchiana visione onirica e dissonante appena accarezzata nella traccia d’apertura è ancora più marcata nelle desolanti distorsioni di “Ritorno a casa mia”, nella quale vengono dissipate istericamente i suoni di una disperata sbornia notturna di un ebbro in solitaria.
Sulle ritmiche più pop di “Maestro nel disastro”, la perdita apparente d’incoscienza come fulcro centrale del disco "Walden III", lascia spazio ad elementi più classici come l’emergere del blues esclusivamente sotto forma di riff di chitarra solista e dai particolari colpi vocali di falsetto della voce. “La lezione di oggi” scava in modo ancora più abrasivo nelle sonorità crude del post-punk di I Robot, l’ascolto si fa più difficile, ma la canzone ne risente soprattutto per l’aridità dei vuoti che la caratterizza nella struttura.
L’album cambia faccia con l’approccio iniziale dello ”Anno che verrai”. Un sound noise mai abbandonato, che si fonde in una nota di lounge psichedelia di repertorio italiano anni ’70. Atmosfere acide imprimono una percezione allucinogena non come elemento di rottura, ma piuttosto come un trip che trasporta in una languida tranquillità la melodia ben riuscita del brano.
A tornare nei ranghi con una soluzione più fruibile anche per un pubblico più largo, ci pensa “Cronaca di un suicidio annunciato”, un compromesso tra l’inconfondibile cifra stilistica dell’unico membro di questo progetto romagnolo, con una minore e quasi obbligatoria imprevedibilità nell’ispirazione della canzone.
L’album si chiude gradatamente con gli ultimi due brani più pacati in linea con il resto del disco ma di matrice più blues. Nella penultima traccia seguendo il credo degli epici lampi armonici di Jimi Hendrix contaminati dal sound dei più affini Verdena (artefici della celebre cover “Sunshine of Your Love” dei Cream), mentre nell'ultima con il riconoscibile omaggio di “Come Together” dei Beatles. Una strumentale sporcata e impreziosita dall'indiscutibile estro di I Robot, talvolta intento a stare sopra le righe come in gran parte del disco, ma mai fastidioso grazie al brillante potenziale espresso e mai scontato.
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La recensione Walden III di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-11-22 10:00:00
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